Come è potuto accadere che il grande Pci di Gramsci e Togliatti sia stato consegnato, a metà degli anni 80, nelle mani di Occhetto, Veltroni e D’Alema? Potrebbe essere il tema di un seminario. La sequela di scelte sbagliate che hanno effettuato è impressionante; stupisce il fatto che vi sia ancora qualcuno disposto a dargli credito. Ve le ricordate le picconate di Occhetto, con Segni e Confindustria, all’inizio degli anni 90 contro il sistema proporzionale? Bisognerebbe ripubblicare quei discorsi poiché ciò che si è verificato è stato esattamente il contrario. Il maggioritario doveva ridurre la frammentazione e avvicinare i cittadini alla politica. Risultato: i partiti sono aumentati, l’astensionismo è raddoppiato, in compenso è stata spianata la strada ad una personalizzazione della politica di cui ha usufruito Berlusconi. Il presidenzialismo che oggi la destra vuole introdurre è figlio della scelta maggioritaria. Non è mancata, in quegli anni, una buona dose di americanismo in salsa kennedyan-clintoniana, profuso a piene mani da Veltroni. Bisognava costruire l’Ulivo mondiale (sic!), puntando decisamente sul privato e sul libero mercato.
Sono gli anni del motto: chi privatizza di più è il più bravo. In quegli anni, ero segretario regionale in Emilia Romagna, e ricordo che questo delirio indusse il comune di Bologna (forse anche per questo oggi c’è Guazzaloca) a vendere le farmacie comunali riunite. Un esempio emblematico di servilismo poiché le farmacie non solo non erano un costo, ma davano un utile al comune. Si privatizzava quindi per una ragione tutta ideologica: dimostrare che la sinistra aveva sposato in pieno la linea che il privato doveva sostituire il pubblico.
Chissà se Veltroni è stato informato che in questi giorni Gordon Brown, attuale ministro dell’Economia di Tony Blair, ha presentato un piano triennale di spesa pubblica di cento miliardi di euro, portandola dal 30 al 39,8 per cento del Pil. Peccato che ciò avvenga dopo vent’anni di politica Thatcher-Blair che ha sfasciato la sanità, la scuola, e il trasporto pubblico inglesi.
E infine D’Alema (che apprendiamo essere “un uomo felice e appagato”) ci ha spiegato con sicumera prima che Bossi era «una costola della sinistra», poi che i lavoratori anziani avevano troppi privilegi (pensioni, diritti sul lavoro) e che se non vi rinunciavano li avrebbero tolti ai più giovani e, infine, ci ha dimostrato da premier come si doveva intervenire per risolvere le controversie internazionali: migliaia di bombe all’uranio impoverito sulla ex Jugoslavia.
Non bastasse, siamo stati allietati da dichiarazioni indimenticabili: «il comunismo e la libertà sono incompatibili» ci disse Veltroni dimenticandosi che il tributo in vite umane, torture, e carceri dei comunisti italiani era stato determinante per conquistare la libertà e per sconfiggere il nazismo e il fascismo.
In questo cupio dissolvi è avvenuto che, presi dalla comprensione verso i “ragazzi di Salò”, si è consentito a Fini, con un veloce lavaggio a Fiuggi, di dare a se stesso e al suo partito una parvenza democratica. Nessuno che abbia avuto il coraggio di chiedergli conto di alcune sue dichiarazioni («Mussolini il più grande statista del secolo») o che gli chieda di prendere le distanze da Almirante, fucilatore di partigiani.
Le destre che governano hanno prosperato su questi disastri. Ciò che ci pare significativo è che finalmente emergono positive novità. Nei Ds la divaricazione tra una linea “modernizzatrice” (D’Alema) e una che appoggiando Cofferati chiede una linea più di “sinistra” è evidente. Il posizionamento della Fiom e della Cgil su una linea non più concertativa, di conflitto con il governo e con i padroni, e la presenza di un movimento contro la globalizzazione capitalistica possono essere il lievito di una forte opposizione sociale, in autunno, contro il governo delle destre. A noi, comunisti, oltre ad attivarci per sostenere queste lotte spetta il compito di intervenire sul problema dei problemi e su cui si stanno interrogando in tanti: il capitalismo. Dobbiamo dirlo con chiarezza: il tema del superamento del capitalismo, dopo due secoli di impetuoso sviluppo che ha prodotto relativo benessere per un ristretta parte del pianeta, ma soprattutto guerre, aumento delle diseguaglianze tra pochi paesi e interi continenti e devastazione ambientale, deve essere rimesso all’ordine del giorno.
* Segreteria nazionale Prc