Noticine 3 – La festa del 7 novembre

Va bene, arrivo in ritardo. È che, lo confesso, sono rimasta colpita, costernata, e anche rattristata. La cancellazione della festa del 7 Novembre non mi è andata giù. In fondo da Putin non me l’aspettavo, quel Putin lì. Persino Cossighin ebbe a dire: «Putin? Mi fido di lui perchè viene dal kgb». Quel Putin lì che aveva ben definito il crollo dell’Urss «la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo». Quel Putin lì, che aveva ben ordinato che l’Inno nazionale russo dovesse restare “quello”, l’Inno sovietico.

Chissà cosa ha creduto di fare, con la pensata ultima. Quel 4 di novembre del 1612, con cui pretende di sostituire la data della Rivoluzione d’Ottobre, ha il senso dell’arbitrio e più ancora della gratuita rimozione: la Storia non si può nascondere sotto il tappeto, caro mio.

Che è successo il 4 novembre 1612? Ai russi quella roba non dice nulla, l’enciclopedia informa che, nella battaglia avvenuta quel remoto dì, i polacchi vennero cacciati da Mosca e che l’anno dopo ebbe inizio il regno non proprio splendido dei Romanov, destinato a durare sino a quel 7 novembre 1917, per l’appunto.

E allora, quale il senso? Se lo chiede persino il “Corriere della Sera” (corrispondenza di Fabrizio Dragosei, 5 novembre u.s): « Ieri la nuova festività ha visto scendere in piazza a Mosca un migliaio di fanatici dell’estrema destra con svastiche e bandiere imperiali. Per tutti gli altri la nuova festa non ha alcun significato. Più del 60 per cento rimpiange la vecchia Giornata della Rivoluzione, secondo un sondaggio molto attendibile». Forse a Putin non risulta, ma «buona parte dei russi – continua lo stesso articolo – ha grande nostalgia per quello di buono che ancora associa alla sfilata sulla Piazza Rossa. La sicurezza di uno Stato che pensava a tutto, le strade pulite e sicure, i servizi che funzionavano e tutto il resto». Tanto da ricordare «gli Anni Settanta come un periodo felice e spensierato».

Cancellare il 7 Novembre, che idea meschina, che falsa revanche. Viene il magone, va bene. Ma poi uno ci pensa. Quel Putin lì, dopo tutto: rifiuta Lenin e gli piace Berlusconi.