«Non vogliamo un’altra Aviano»

C’è grande confusione sotto (e anche sopra) il cielo di Vicenza ma il momento non è affatto propizio, anzi. Il risultato della visita effettuata ieri mattina dalle deputate Luana Zanella (Verdi) e Osvalda Trupia (Ds) all’aeroporto Dal Molin – oggetto del grandioso progetto di allargamento della base militare Usa (di cui si riferiva ieri su queste pagine) – pone nuovi e inquietanti interrogativi: «Abbiamo saputo – riferisce Luana Zanella all’uscita dall’aeroporto – che l’Aeronautica militare di stanza qui verrà trasferita, come previsto dal decreto legislativo del dicembre 2005 sul riordino delle forze armate. Abbiamo incontrato anche i rappresentanti sindacali del personale civile, 70 lavoratori molto preoccupati per l’annunciato trasferimento, anche in termini di mobilità. E infine il direttore dell’aeroporto civile, che progettava lo sviluppo del servizio, attualmente in gran parte commerciale, e invece si ritrova a funzionalità ridotta, con la prospettiva, se andasse in porto il progetto della base Usa, di dover “scambiare” la sua area di pertinenza con gli americani. E gli americani, accetterebbero di avere un viavai di aerei civili a 200 metri dai loro, tanta sarebbe la misura della “fascia di rispetto”? Una confusione assurda – conclude – in cui di attivo e presente ci sono solo gli appetiti scatenati da questa immensa area, vuota per chi mette le mani sulla città, mentre emerge l’assoluta mancanza di chiarezza e trasparenza di questa operazione, che noi temiamo trasformi l’aeroporto vicentino in un’altra Aviano».
Parole come benzina sull’infuocato dibattito che in questi giorni sta travolgendo la città berica. Il sindaco forzista Enrico Hullweck è nell’occhio del ciclone: reo di aver negato fino all’ultimo l’esistenza stessa di un progetto del genere, salvo poi presentarsi in consiglio con l’assessore alla viabilità Claudio Cicero (An) e alcuni rappresentanti militari della base Usa e di quella italiana, con tanto di filmato tridimensionale del progetto medesimo. Contro di lui e i suoi assessori Cicero e Franzina (Fi) – che dichiarò qualche tempo fa che il nuovo insediamento Usa poteva catalogarsi come «opera di interesse pubblico» – non si è scatenata solo l’opposizione. Dichiarazioni roventi sono giunte anche dal capogruppo di An in consiglio comunale e dal gruppo misto. Un attacco frontale che ha costretto il sindaco a lanciare l’idea di un referendum tra quegli stessi cittadini mai informati prima. Cittadini che nel frattempo si sono organizzati, dando vita nel febbraio scorso a un Osservatorio sulle servitù militari, che in questi mesi ha svolto un grosso lavoro di informazione e raccolta-dati, distribuendo nelle scuole, nelle fabbriche e nei consigli di quartiere un questionario sull’argomento.
Se nelle strade di Vicenza passa una camionetta dell’esercito americano ogni due minuti (parola di residente), quante ne passerebbero una volta realizzato il nuovo insediamento? Se ora sono presenti 2500 militari e 600 civili – con un indotto, tra annessi e familiari, di circa 10.000 persone, e un impatto sul territorio facilmente immaginabile – che succederà quando ci saranno più di 5000 soldati?
Alla città sarebbe sottratta non solo l’area civile dell’aeroporto ma sarebbero a rischio anche i 30.000 mq di un’area demaniale vicina al fiume Bacchiglione, che da più di trent’anni ospita campi da rugby e strutture pubbliche. Per non parlare dei 16.000 mq di parcheggio da realizzare per i nuovi arrivati e del punto interrogativo che aleggia sui progettati «magazzini di stoccaggio». Stoccaggio di che cosa?
Come se non bastasse, su tutto ciò si allarga l’ombra della «gendarmeria europea», una sorta di polizia sovranazionale che occupa un’altra delle tante caserme cittadine, la Chinotto, dove si addestrano non solo i nuovi «flic europei» ma anche corpi di polizia e militari di Paesi terzi.
Ce n’è abbastanza – dicono i promotori dell’Osservatorio, l’associazione Ya Basta e i Verdi del Sole con il Pdci – per scrivere un Libro bianco, anche perché «sarebbe interessante verificare quanti vicentini sanno che lo stato italiano, e quindi anche loro, attraverso le tasse, paga centinaia di milioni di dollari l’anno per garantirsi la presenza delle basi americane». In attesa della stesura, i senatori Verdi Anna Donati e Mauro Bulgarelli hanno presentato al ministro Parisi un’interrogazione sul destino dell’aeroporto berico. Se ne discuterà presto (il 15 giugno) anche alla riunione del Comitato paritetico misto delle servitù militari della Regione Veneto, mentre non sembra avere peso il parere negativo espresso dall’Ufficio tecnico del comune di Vicenza: «Il centrodestra – dicono dall’Osservatorio – non si preoccupa di questo perché basta una riunione di Giunta e una variante al Piano Regolatore, ed è fatta, secondo loro».
A questo punto, una speranza potrebbe venire proprio dagli americani. Secondo il sindaco Hullweck «hanno ricevuto un messaggio negativo dalla discussione in aula». A Verona, dove un comitato di cittadini, qualche anno fa, riuscì a strappare alla Nato la caserma Passalacqua (ora restituita alla città), uno dei fatti che determinarono la scelta Usa di non insistere con la proposta di realizzare un comando all’interno della caserma fu proprio l’accoglienza negativa riservata dal quartiere al progetto di insediamento militare.