ATENE
Centinaia di migliaia di lavoratori hanno manifestato ieri ad Atene, a Salonicco e in altre città contro la riforma del sistema pensionistico, promossa dal governo di Kostas Simitis. Sono rimaste chiuse le fabbriche, le scuole, le banche, i mezzi di trasporto e tutti i servizi pubblici, per lo sciopero generale indetto dalla Gsee e dall’ Adedy, le due confederazioni dei settori privato e pubblico. Erano anni, una trentina, che il paese non viveva una mobilitazione di tali dimensioni.
Punto focale della critica, che ha provocato aspre reazioni anche nel consiglio dei ministri e del partito socialista, è il pacchetto di proposte del ministero del lavoro per la riforma del sistema pensionistico, di cui e prevista l’applicazione a partire dal 2007. Il governo, dopo aver assaporato il sucesso delle elezioni politiche del 2000 e dell’entrata del paese nella zona euro, ha dovuto affrontare il problema sociale per eccelenza, che riguarda proprio il sistema pensionistico. Ecco allora che due mesi fa ha richiesto a una società brittanica di elaborare un progetto “personalizzato”, sostenendo che il sistema in atto e sopratutto il rapporto 2 a 1 tra attivi e pensionati non reggerà a lungo.
La Grecia, come tutt’Europa, deve fare i conti con il problema demografico. Inoltre, c’è un sistema previdenziale con un numero altissimo di enti di categoria, la maggioranza dei quali ha accumulato un grande disavanzo negli ultimi decenni a causa di inadenpienze dello stato. Si calcola che le casse degli enti di categoria, se lo stato avesse funzionato come doveva, ora avrebbero all’attivo quattro volte la cifra attuale. E’ indicativo che lo stato debba agli istituti di previdenza 650 miliardi di dracme e il padronato non è in pari con i pagamenti. Le disuguaglianze nelle pensioni da categoria a categoria sono eclatanti, come è evidente il pericolo di trovarsi tra qualche anno nell’impossibilità di far fronte al pagamento delle pensioni. Su queste prospettive sono d’accordo governo e sindacati, ma non sulle proposte presentate una settimana fa dal ministro del lavoro, Tassos Jiannitsis.
Secondo il presidente della Gsee, Christos Polizogopoulos, “le proposte governative sono caraterizzate da una logica di “incasso”, che peggiorerà lo stato attuale dei lavoratori”. Riduzione drastica delle pensioni fino al 45%, aumento dell’età pensionabile a 65 anni, penalizzazione delle lavoratrici con figli a carico sono i punti principali su cui verte la riforma governativa, “più lavoro, meno pensioni”. I sindacalisti bocciano una trattattiva con questi pressuposti. Rifiutando le proposte del governo, non rifiutano però di partecipare a un dialogo che parta dall’analisi della situazione attuale per elaborare un progetto comune, che non trasformi le pensioni di oggi in un’offensiva “mancia” di domani.
Al contrattacco è passato Jannitsis, stretto collaborattore del premier socialista Simitis e noto negli ambienti universitari, affermando che “non sarà aumentata l’età pensionabile per molte categorie” e che “la riforma sarà applicata nei prossimi 25 anni”. Ieri, il ministro del lavoro ha accettato che la trattattiva “parta da zero”, come aveva proposto la Confederazione dei lavoratori, ma nessuno sa prevedere se il governo socialista vincerà la più grande scomessa del suo programma.