Forse ci riesco. Forse ci sarò anche io perché questo schifo deve finire». La voce dall’altro capo del telefono è altalenante. Un uomo. Parla un ottimo italiano e tradisce la sua provenienza nord africana, algerina per l’esattezza, solo da una lieve inflessione. A volte parla liberamente, altre volte si ferma, come chi non può dire ciò che sa, come chi ha ancora paura. «Domani scadono i 60 giorni, sarò libero e allora ti racconterò tutto ma per ora è meglio che mi trattenga». Mohammed – il nome è inventato – viene dall’Algeria, è arrivato in Italia nel 1982, ha avuto problemi con la giustizia che ha pagato sia con condanne scontate sia collaborando». In 23 anni ha girato in tutta Europa, conosce centri e carceri e del nostro continente non ha una immagine limpida ma dall’Italia è disgustato. «I vostri centri sono i peggiori d’Europa e li chiamano anche di accoglienza. Vanno chiusi perché dentro succede di tutto. Le cose che ho visto non posso neanche raccontarle tutte ma sono inaccettabili». In Italia è passato per i Cpt di Lecce e di Lamezia Terme, ha vissuto la fine di don Cesare Lo deserto, gestore del “Regina Pacis”, oggi condannato per lesioni ed altri reati. «Lì dentro succedeva di tutto: io ci ho anche guadagnato, una parte del materiale che usano è stato acquistato via internet tramite carte di credito false. Io ho fornito loro i contatti. Sono uscito dopo i 60 giorni di trattenimento e dopo un po sono finito in carcere per finire di scontare una pena per truffa. Ho scelto di
collaborare con gli inquirenti e da allora per me le cose sono peggiorate. Ho ottenuto un permesso di soggiorno per motivi giudiziari eppure sono finito in un altro Cpt, al Lamezia Terme. Un centro finito più volte all’attenzione dei giornali tanto per una gestione
amministrativa a dir poco disinvolta quanto per gravi situazioni interne, igienico sanitarie, e di mancato rispetto dei più elementari diritti. Ad ogni visita, soprattutto quelle non preannunciate di parlamentari interessati a far luce sul centro, emergevano elementi nuovi, partivano esposti e denunce. Il presidente della Cooperativa che gestisce il Centro, Raffaello Conte, si è sempre difeso rivendicando come esemplare la propria gestione, dipingendosi come uomo di sinistra diffamato dai “comunisti”. L’ultima volta a fare le spese di questa gestione padronale è stato il senatore indipendente per il Prc Francesco Martone. Sono bastate alcune domande fastidiose a far scattare la reazione rabbiosa del responsabile del centro. Un ispettore di polizia presente al colloquio ha dovuto allontanarlo. Mohammed vorrebbe parlare anche di questo ma si trattiene: «Per ora non posso ma quando vengo a Roma ti racconto tutto e poi ci sono cose più gravi di cui dovete scrivere. Qui dentro ci sono 4 minorenni e non potrebbero starci. C’è uno che è malato di mente e poi c’è tanta paura. Se parliamo
con qualcuno scattano ritorsioni per tutti. Per giorni dopo che c’è stata una manifestazione ci hanno dato solo cibo freddo. Già quello normale fa schifo. L’altra notte sono entrati i carabinieri e i finanzieri per portare via un ragazzino rumeno. Sono entrati con i manganelli come se dovessero fare una azione di guerra. Io dico. Che bisogno c’era. Qui tutto si compera. Uscire dal centro è facile. Basta dare 3000 euro al gestore o ai suoi collaboratori e ti trasferiscono in ospedale e da lì è facile scappare. Io ho parecchi amici che se ne sono andati in
questa maniera. Se invece non hai i soldi ti fregano tutto. Qui chi comanda è un delinquente non chi è rinchiuso». Mohammed vuole uscire allo scoperto, aspetta solo di essere libero: «Se esiste una giustizia io sono disposto a testimoniare perché chi ha commesso crimini contro i miei fratelli non deve passarla liscia. Qui la gente impazzisce, prende i farmaci perché non ce la fa ad andare avanti, non puoi andare al cesso senza la paura di prenderti qualche malattia, per mangiare hai quattro tavoli schifosi e la gente preferisce mangiare per terra. Tempo fa è mancata l’acqua per alcuni giorni e ci facevano lavare con l’acqua minerale.
Io credo che questi centri vanno chiusi. Chi è stato in galera anche per qualche anno preferirebbe tornarci piuttosto che stare qui. Siamo rinchiusi senza colpa». Mohammed definisce razziste e stupide le nostre leggi. Pensa che dobbiamo cambiarle e che per farlo dobbiamo prenderci tutti la responsabilità di denunciare le ingiustizie e chi le commette. Ha aspettato tanto per farlo ma stavolta non vuole tornare indietro. Ma parla ancora come un fiume in piena: «Sono due volte che viene in visita una deputata (Dorina Bianchi della Margherita) la
prima volta si è ritrovata nel caos, forse perché non era attesa, la seconda ha ritrovato tutto ridipinto e pulito e tante persone al lavoro». La stessa deputata ha confermato la problematicità del centro: «Il 90% sono ex detenuti, alcuni hanno scontato pene di anni.
Perché non li identificano prima invece di portarli nel Cpt? E poi: come mai solo il 10% di chi passa qui viene rimpatriato? Perché a giornalisti e operatori umanitari è costantemente negato l’accesso? Servono risposte a domande come queste». Nel frattempo
Mohammed richiama: «Credo proprio di farcela. A Roma debbo vedere un amico che è scappato scalzo. Voglio ridargli il suo zaino. Lo ha affidato a me. Da dove si parte? Da Piazza Della Repubblica? Quando? Alle 14? Ci sarò, i miei giorni sono finiti quindi ci sarò».