La festa del 25 aprile sarebbe obsoleta, o rischia di diventare una manifestazione contro il governo e, se proprio non se ne può fare a meno, la si celebra con memoria e valori condivisi. Condivisi fra chi? Fra fascisti e antifascisti. Salvo il rispetto, è un invito che non ha alcun senso. Come si può avere una memoria e valori condivisi su un ventennio che, dopo aver spaccato l’Italia, confinato o incarcerato gli oppositori, ha massacrato l’Etiopia, ha emanato le leggi razziali e ci ha trascinati nella seconda guerra mondiale con il Terzo Reich, consegnandoci poi al medesimo? Questa non è stata una responsabilità da poco ma non è stata mai riconosciuta dalla destra ex fascista, neofascista e filofascista, che oggi fra l’altro fa parte del governo. Come si può avere una memoria condivisa e fondante della Repubblica, se fra oppressori e vittime non si fa almeno come la seconda generazione tedesca, quella dei figli, che quell’epoca ha guardato in faccia, ne ha fatto il lutto e non ha assolto nessuno? Potrà arrivare a una memoria comune il Sudafrica, dove si rinuncia alla punizione o alla vendetta a condizione che sia portato a fondo l’accertamento delle responsabilità. Nulla di simile è avvenuto in Italia. Dove né i fascisti, né i loro eredi né la borghesia che ne ha foraggiato l’avvento ha mai riconosciuto l’errore e il crimine commesso. Con il risultato che dagli anni Novanta si è tornati alla lotta di liberazione del biennio 1943-45 per farle il processo. E pazienza se fosse opera dei neo o ex fascisti oggi al governo, o dei Marcello Veneziani coerenti con se stessi: lo fa l’ex sinistra, lo fanno i Pansa scoprendo soltanto oggi che l’oppressione non migliora gli oppressi, crea odio e voglia di vendetta. Quanto a buona parte della generazione sessantottina, si ritiene esente dall’informarsi sul secolo scorso come se fascismo e nazismo fossero stati una parentesi irripetibile. Stando così le cose, quali sarebbero i valori comuni che tanti e tante auspicano per ricordare assieme il 25 aprile? Io non li vedo.
Un’idea comune di sé pareva averla suggerita dal dopoguerra al 1996 la Costituzione del 1948 cui i fascisti non avevano partecipato. Ma già le velleità del primo centrosinistra con la bicamerale e adesso la coalizione di centrodestra ne hanno del tutto ribaltato i princìpi. E abbiamo un premier che non fa mistero di considerare il parlamento un gran perditempo, aggiornando l’«aula sorda e grigia» di Mussolini, mal sopporta la divisione dei poteri e considera un intralcio dover passare dal Quirinale, garante delle regole, quando è costretto a cambiare il governo. Se questi non sono segni di regime, non so quali sarebbero.
E nulla mi pare più derisorio di un 25 aprile commemorato in coro da Berlusconi, Fini e Calderoli. Di Follini non so, non vorrei che l’antifascismo fosse il solo aspetto della Dc che non amerebbe ripetere.C’è stata una grande confusione, compiuta anche da intemerati antifascisti e rispettabili padri della patria, fra il giudizio storico che si deve dare, per configurarsi il presente e il futuro, sulle grandi scelte di una nazione e il rispetto che in principio si deve all’itinerario sofferto di una persona. Luciano Violante può ragionevolmente affermare che anche tra i ragazzi di Salò c’è chi si è mosso per motivi non veniali: ma massacrare comunisti e deportare ebrei per motivi non veniali, anzi intimamente e profondamente sentiti, non rende il massacro meno massacro. Capisco chi esorta a non infierire sui morti. I quali del resto sono soli e irraggiungibili da esecrazioni e da lodi, e perlopiù usati per le controversie fra i vivi. Ma quel che ogni persona ha fatto in vita resta soggetto di giudizio storico e morale. Non condivido la fretta di alzare un altare all’oblio finché non sarà fatto ordine negli archivi delle memoria e chiarezza in quelli dell’interpretazione. Non è fra le migliori virtù dell’Italia l’inclinazione a scordare il passato. Non è segno di grande intelligenza lasciare occulti i veleni di un fenomeno come i ricorrenti autoritarismi, fascismi e nazismi nella storia europea: essi non sono affatto una mostruosa eccezione rispetto all’umano né alla nostra storia. Il giorno in cui se ne avrà un’elaborazione comune è di là da venire. Intanto, siccome non siamo come i fascisti, optiamo per una convivenza civile ma un ricordo diviso. Irriconciliato.