Imperversano le dichiarazioni sulla finanziaria, ma se un cittadino chiede: prego, dateci le cifre e in modo comprensibile per l’elettore medio, resta a becco asciutto. Comprensibili o no, le cifre il governo non le ha date ancora, e i giornali attaccano o appoggiano appassionatamente quel provvedimento senza poter dire se sia adeguato o no, e a che cosa (oltre che al patto di stabilità). Mica pretenderemo una democrazia partecipativa? La vera democrazia liberale ha da essere di mandato.
Per ora il ministro Bersani ha confidato al meeting di Comunione e Liberazione che la finanziaria sarà di 35 mila miliardi. Poi il governo ha corretto: saranno 30mila. Ah, esclama Eugenio Scalfari, hanno da essere 35 e non ci piove. Se si parla di 30 è perché da quando è stata definita la cifra necessaria sono entrati 5mila miliardi non previsti). E ripartendo di qui, impartisce una solenne ramanzina a Guglielmo Epifani, e ai tapinelli che gli vanno dietro: non compete al segretario della Cgil discutere la cifra del fabbisogno! Come si permette! Gli compete indire uno sciopero se non gli va, ma a suo rischio e pericolo. Fissarla compete al ministro del tesoro, Tommaso Padoa Schioppa, che essendo uomo prima di Banca d’Italia e poi della Banca centrale europea, possiede mirabili virtù di sapienza amministrativa.
Sono seguite altrettante intemerate contro quelli che dicono: ehi, avevate promesso di non toccare le pensioni! E la scuola è ai piedi di Cristo, lo sanno tutti. La sanità non funziona abbastanza. Vediamo un po’ assieme, se si deve tagliare, come tagliare. No, non vi compete.
Può darsi. Ma prendiamo le pensioni. Non competerebbe a un buon giornalismo pubblicare, accanto alla richiesta di tagli sulle pensioni, una tabella delle medesime? E’ facile aver davanti almeno quelle dell’Inps, perché quelle della Banca d’Italia e dei giornalisti, categorie extra, non ne fanno parte. E neanche quelle dei parlamentari, che non sono pensioni ma vitalizi (è sempre lo stato che sborsa).
Dunque, risulta che dei 14 milioni di pensionati dell’Inps (massa evocata sempre come un peso sulla schiena dei giovani) oltre 7 milioni ricevono mediamente 337,7 euro mensili, nessuno arriva ai 500. Caspita. Altri 3 milioni ricevono una media di 587,3 euro (nessuno arrivando comunque ai 750). Seguono altri 3 milioni che ne ricevono una media di 1.037,6 euro (nessuno dei quali arriva a 1.500). Il poco meno di un milione di pensionati che resta, si spartisce una somma per scaglioni che vanno dai 1.712 euro mensili ai 3.912, gruzzoletto rispettabile. Queste ultime sono 55.000 persone, poche, una piccola città, un grosso borgo; qualche centinaio delle quali va su somme a cinque cifre. Quando Bertinotti, non ancora presidente della Camera, propose di metter un tetto – diciamo 5.000 euro – fu sbeffeggiato.
Ciò detto, chi dei nostri Catoni della Camera, della stampa e della Banca d’Italia ce la farebbe a vivere con meno di 750 euro al mese, come 10 milioni di pensionati su 14? Se non ci sono copiosi risparmi, due pensionati su tre scendono sotto la soglia di povertà.
Quanto al discorso: ma perché non lavorano più a lungo, li incentiveremo, sembra di essere sulla luna: quanti trovano un lavoro, non dopo i 57 anni ma dopo i 40?
Quando avremo i dati della finanziaria, vedremo più da vicino scuola e sanità e, per converso, le spese considerate intoccabili.
Fin d’ora mi permetto di osservare che fra i dieci comandamenti non c’è: rispetterai anno per anno il patto di stabilità. Non penso che si possa spendere allegramente, sono convinta che un debito del 106 per cento è un carico grosso. Ma chi ha detto che dobbiamo rientrare infallibilmente nel 2007? Altri paesi hanno sforato, e hanno una crescita che è il doppio della nostra. Perché non possiamo spalmare la cifra su due anni? Parlato intendeva dire che non si tratta solo di spalmare ma di ristrutturare entrate e spese senza cadere sulle spalle dei più deboli.
Quel che dovrebbe perseguire la Ue è un programma del governo italiano, con veri obiettivi e tappe e controlli per far ripartire sul serio la crescita. Siamo alla coda dei nostri pari in Europa. Si vedrebbe allora che occorre più scuola, e non meno previdenza e sanità.
Che la crescita venga su dal mercato, come i gigli del campo per volontà di Dio, non ci crede più nessuno.