Di questa finanziaria continueremo a discuterne ancora molto, tanto più che susciterà più di un conflitto all’interno dell’attuale maggioranza di governo. Data la situazione di stallo dell’economia italiana, con in più l’eredità lasciataci dal governo Berlusconi, non sarà affatto una finanziaria facile e non invidio quelli che la dovranno definire.
Romano Prodi ha detto che questa finanziaria non farà piangere, possiamo anche credergli, ma non piangere non vuol dire affatto risolvere i problemi. E così, non mi convince neppure la polemica su «spalmare o non spalmare», tagliare tutto e subito o tagliare piano piano.
E così non mi convince neppure l’amico Luigi Cavallaro, che su Liberazione di qualche giorno fa rilancia Keynes e il deficit spending: non siamo in una fase di crisi di domanda, ma di offerta.
Il dato di fatto dal quale occorre partire è che l’economia italiana è messa male e la finanziaria di quest’anno dovrebbe essere l’avvio di una politica di ripresa di medio periodo e pertanto dovrebbe porsi problemi non meramente congiunturali (sull’Unità di ieri Laura Pennacchi dava utili indicazioni in questo senso).
Ci vorranno dei tagli, certo, ma da questi tagli vanno esclusi sanità, pensioni e scuole. Sprechi sui quali tagliare ce ne sono e sono conosciuti (anche quelli della politica documentati in un bel libro), sprechi ci sono anche nelle pubbliche amministrazioni centrali e regionali. Ma non bisogna neppure dimenticare le cospicue regalie alle imprese.
Ma il punto, ripeto, è il blocco dell’economia italiana. Mi pare illusorio parlare di ripresa. Un blocco della produzione testimoniato dal calo delle esportazioni, dalla frammentazione delle industrie italiane, dalla insufficienza delle infrastrutture e direi anche da rapporti banca-impresa non al meglio, dall’evasione fiscale, tale che il nostro è il paese degli evasori e dei tartassati.
In questa situazione penso che gli ukaze che ci arrivano da Bruxelles debbano esser presi con più di un grano di sale; Francia e Germania non mi paiono esempi di obbedienza cieca e assoluta.
Sarebbe un guaio se tutta la discussione sulla finanziaria da approvare si riducesse a un tirare la coperta stretta, ciascuno dalla sua parte, con azzuffamenti che non gioverebbero a nessuno e che accrescerebbero il discredito del ceto politico.
In questa situazione – credo io – bisognerebbe fare di questa finanziaria la prima tappa di una politica di effettiva ripresa dell’economia italiana. Quindi non solo di tagli si deve parlare, ma anche e soprattutto, di investimenti fondati sul risparmio e non sull’allargamento del deficit. E nella situazione nella quale è oggi l’Italia non dico un piano, ma un disegno di intervento pubblico sarebbe quanto mai necessario. Senza dimenticare l’evasione fiscale: se la finanziaria è passata da 35 a 30 miliardi di euro il merito va alle entrate fiscali: gli evasori si sono resi conto che l’età dei condoni era finita e del ministro Visco hanno un po’ di paura.