Noi, paladini della bruttezza siamo i difensori della qualità

Daniele Ciprì e Franco Maresco: le risposte, da chiunque dei due provengano, valgono per entrambi. «Dopo 11 anni di esilio torniamo in tv con un programma tutto nostro. Le 49 puntate di Cinico tv sono del ´92 ma siamo stati su Raitre dal ´90 al ´94. Da allora non abbiamo più avuto risposte. Noi lavoriamo in maniera autonoma, ci manteniamo una struttura lontana dai centri di potere e dai corridoi, e abbiamo bisogno di lavorare. Onore a La7 perché è una prova di fiducia consentirci di andare in onda alle 20,30. Liberamente».
Come definite il vostro stile televisivo?
«La nostra idea di tv l´avevamo messa a punto quasi vent´anni fa qui a Palermo in una piccola tv locale. I nostri riferimenti erano cinematografici, dai Fratelli Marx a Stanlio e Ollio. Facevamo già un Fuori orario in piccolo, una critica per immagini. Quando ci fu data la possibilità di Cinico tv la tv non era ancora il cesso che è oggi. L´idea era antitelevisiva: le pause, il bianconero. Alle otto di sera. Per la prima volta una Sicilia non più passiva parodia da cabaret, la negazione della comicità meridionalista alla Arbore».
Ma siete stati accusati di strumentalizzare un´umanità di “brutti sporchi e cattivi”.
«Sempre. Dopo si è aggiunta anche la blasfemia. Ma il gesuita Virgilio Fantuzzi (critico cinematografico) ha riconosciuto e difeso la nostra morale. Il nostro rapporto con la città, con i nostri personaggi. Bisogna conoscerci: siamo talmente anomali che è difficile credere che esistiamo realmente».
La vostra estetica del mostruoso è disturbante.
«Il nostro orrido ha intanto uno spessore estetico, e non ha alcuna parentela con l´orrore del reality, con la televisione del dolore. Gli sciacalli sono altri, è Costanzo il padre fondatore. Il Circo Massimo dell´esposizione dei mostri. Il cinismo vero è suo e della sua signora».
Dunque la vostra moralità qual è?
«Noi facciamo come nei cartoni animati mai belli ma sempre disgraziati, o come Stanlio e Ollio: disperati, tragici e brutti. Alle otto di sera presentiamo una realtà cruda, contro la plastica televisiva, e senza ripararci dietro Pasolini. La rappresentazione dell´orrido è uno sguardo sul mondo, in contrasto con un mondo che rimuove la morte, la corporalità, la vecchiaia, la puzza. Una visione apocalittica. Una volta, eravamo più ingenui, ci appellavamo a quanto dicevano certi preti sui pazzi, i poveri e i mendicanti. Ma non c´è compiacimento. Siamo anomali nel cinema italiano della nostra generazione che racconta sciattamente le miserie della portineria o il finto impegno civile. Nel cinema, nel teatro e nella tv nostri, senza distinzione, c´è il destino disperato dell´uomo attraverso la lente deformante del grottesco. E dentro la tv non ci siamo mai trasformati. Anche ad Avanzi arrivavamo da un altro mondo e da un altro tempo».
Megalomania, esibizionismo minoritario, vittimismo da martiri?
«La Grande Vittima, il Nuovo Eroe della Resistenza è Santoro. Noi siamo solo due che vorrebbero lavorare perché ne hanno bisogno. Avremmo potuto scegliere De Laurentiis, ma non eravamo disposti a farci dire quello che dovevamo fare. E non è stata una vita facile».
Quello che fate potrebbe secondo voi trovare consensi più vasti?
«In Italia c´è l´idea da parte di chi detiene il potere, vedi la Rai, che il pubblico sia irreversibilmente deficiente. Non siamo bravi a venderci ma abbiamo riconosciute capacità comiche. Forse facciamo anche un po´ pensare, attività di questi tempi poco gradita. Non tenere conto che c´è anche un´altra Italia che si è rotta i coglioni è una responsabilità di cui questa gente, Rai o Mediaset, dovrà dare conto».
Non tutti capiscono la polemica contro il cinema “antimafia”.
«Visto che ce lo chiede: riteniamo che la stragrande maggioranza del cinema di cosiddetto impegno civile degli ultimi vent´anni sia sciacallaggio, di pessima fattura estetica e di qualità morale discutibile. Tanto per non fare nomi Alla luce del sole di Faenza».
Il telespettatore medio che si commuove al film su Borsellino vi capisce?
«Il pubblico è narcotizzato, la medietà si è molto abbassata. Che emozione è, interrotta da cinquanta spot? Come si fa a vedere lo stesso attore che un minuto prima è Falcone e il minuto dopo fa pubblicità?».
Non educativo dunque ma addirittura diseducativo.
«Tutto questo cinema antimafioso ha migliorato il paese? Abbiamo I cento passi, prima ancora Mery per sempre ma la Sicilia è terra più mafiosa di prima. Qui c´è stato il 61 a 0 di Forza Italia. Se le fiction servissero il governatore attuale lo avremmo mandato a casa e invece sta lì forte di un consenso silenzioso. Quello che passa alla tv è tutto blob, piattume, tritato. È moda, catena di montaggio anche il cinema o la fiction sulla mafia. Parafrasando Sciascia, adesso abbiamo i professionisti dell´impegno. Tutto è convenzionale, cliché. Altra cosa erano Rosi, Petri e Germi. Questi mirano al profitto».
E Celentano: anche quello fa parte del blob?
«Un paese che si riduce a fare di un ottimo cantante ma anche di un cretino un guru e un maestro di pensiero, è messo male. La massificazione ci ha portati al capolinea, siamo molto pessimisti. E non è solo colpa di Berlusconi».
Finiamo con la candidatura di Rita Borsellino.
«Al centrodestra bisogna contrapporre non un politico onesto, capace, senza frequentazioni mafiose, ma un simbolo perché non ce la possiamo fare con la normalità. Al contrario di quanto diceva Brecht noi abbiamo bisogno di eroi. E oltretutto non siamo per niente sicuri che la signora Borsellino ce la faccia. I residui della Democrazia cristiana e della politica corrotta sono talmente radicati, non è improbabile che la Sicilia costituirà un´anomalia nel panorama italiano avviato al cambiamento. Il centrosinistra, privo di risorse, voleva candidare Pippo Baudo! È la legge dell´auditel. Suo malgrado la signora Borsellino potrà forse vincere grazie al successo della fiction su suo fratello».