Tante adesioni hanno sorpreso gli organizzatori. Stamattina primo incontro «contro la guerra senza se e senza ma» a Roma. Mentre nel ddl è giallo sui «Predator» a Herat Bulgarelli (Verdi): «La mozione è un primo passo ma per noi la discussione deve continuare anche in senato. Mancano l’exit strategy da Kabul e manca la fine di Enduring freedom, il movimento per la pace che ne pensa?». Gino Strada da Kabul Beppe Grillo via Skype, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi e tanti altri per il ritiro dall’Iraq e dall’Afgh
Matteo Bartocci
Roma
Per otto volte hanno votato contro la missione in Afghanistan insieme ai propri partiti e forse, alcuni di loro, lo faranno anche per la nona. L’assemblea di parlamentari e movimenti pacifisti autoconvocata per oggi a Roma per certi versi non potrebbe essere più opportuna, con il Medio Oriente di nuovo in fiamme e con il G8 di Mosca che gioco forza sarà un vertice dedicato anche ai rapporti tra Usa e Europa nella cosiddetta «guerra globale al terrorismo».
Parlare solo di Kabul e Herat, per molti dei partecipanti che si presenteranno stamattina al centro congressi di via dei Frentani 4 (ore 9.30), sarebbe ovviamente riduttivo. Organizzata quasi per caso dai celeberrimi «otto senatori dissidenti» (De Petris, Bulgarelli, Silvestri, Rossi, Malabarba, Turigliatto, Grassi e Giannini) l’assemblea di stamattina pare avere un piccolo cuore ma grandi polmoni. A giudicare dalle tantissime adesioni arrivate è già andata oltre le più rosee previsioni. Firme e sostegno importanti che raccolgono forse per la prima volta «ambienti» per molti versi distantissimi tra loro come Giorgio Bocca e Luca Casarini, Sabina Guzzanti e Adriana Zarri, Enzo Jannacci e Piero Bernocchi, Manlio Dinucci e Dario Fo. Molti, ovviamente, non saranno materialmente presenti ma il segno arcobaleno ammorbidisce i distinguo e avvicina le provenienza. Sorprendente anche l’eco che la discussione italiana ha avuto nel movimento altermondialista, con le lettere di sostegno e incoraggiamento alla «dissidenza» made in Italy di Noam Chomsky, Walden Bello e Samir Amin.
Alla vigilia, a quanto pare, gli organizzatori non hanno «organizzato» molto: sotto lo slogan «no alla guerra senza se e senza ma» sarà un’assemblea aperta, vera, in cui si darà ampio spazio agli interventi di tutti e alla cui presidenza si alterneranno parlamentari e non. La discussione verterà sicuramente sulla Palestina, visto che «non ci incontreremo certo per decidere il voto sul decreto – spiega Salvatore Cannavò – che è una scelta di cui noi parlamentari ci assumiamo le responsabilità, spero però che riusciremo a discutere un documento e un appello che guardino al futuro, che rilancino le iniziative del movimento sulla Palestina, sull’Afghanistan, contro le basi e le spese militari». Via telefono interverranno Beppe Grillo e Alex Zanotelli mentre Gino Strada di Emergency si materializzerà da Kabul in videoconferenza.
«Per noi la discussione non è finita – spiega il Verde Mauro Bulgarelli – nella mozione manca l’exit strategy da Kabul, manca la fine di Enduring Freedom, mancano rassicurazioni sulle regole di ingaggio, manca insomma quella discontinuità forte che molti deputati e senatori avevano richiesto». L’incontro di oggi per Bulgarelli servirà a capire «l’orientamento fuori dai partiti, di tutti coloro con cui in questi anni abbiamo sfilato per la pace». Alcuni passi in avanti, ammette Bulgarelli, sono stati fatti, e il Sole che ride alla camera è stato certamente determinante nella prima mediazione ma «il confronto si deve fare anche al senato fino all’ultimo minuto utile».
Il senso (e forse il rischio) dell’incontro di oggi è aver saldato tra loro i movimenti con intellettuali proto «girotondini» e parlamentari di quattro partiti diversi (Sinistra Ds, Verdi, Prc e Pdci) che voteranno sia sì che no al decreto sulle missioni. Troppo forse per dare una direzione compiuta e troppo poco per dire che l’inizio di qualcosa. Il dado però è tratto e in un certo senso si proseguirà subito già nel sit-in previsto davanti a Montecitorio per lunedì alle 18.
Peperoncino in più forse lo offrirà il giallo sulla presenza di tre Predator italiani (ricognitori senza pilota adattabili al combattimento) nei cieli di Herat. Nella relazione di 600 pagine che accompagna il ddl sono infatti previsti in barba a tutte le assicurazioni date dalla Difesa. Secondo lo stato maggiore dell’esercito però si tratta di un mero errore materiale nella stesura delle tabelle: i Predator infatti sono dislocati a Nassiriya e, recita un comunicato ufficiale, «rientreranno in Italia alla conclusione della missione».
Roma
Per otto volte hanno votato contro la missione in Afghanistan insieme ai propri partiti e forse, alcuni di loro, lo faranno anche per la nona. L’assemblea di parlamentari e movimenti pacifisti autoconvocata per oggi a Roma per certi versi non potrebbe essere più opportuna, con il Medio Oriente di nuovo in fiamme e con il G8 di Mosca che gioco forza sarà un vertice dedicato anche ai rapporti tra Usa e Europa nella cosiddetta «guerra globale al terrorismo».
Parlare solo di Kabul e Herat, per molti dei partecipanti che si presenteranno stamattina al centro congressi di via dei Frentani 4 (ore 9.30), sarebbe ovviamente riduttivo. Organizzata quasi per caso dai celeberrimi «otto senatori dissidenti» (De Petris, Bulgarelli, Silvestri, Rossi, Malabarba, Turigliatto, Grassi e Giannini) l’assemblea di stamattina pare avere un piccolo cuore ma grandi polmoni. A giudicare dalle tantissime adesioni arrivate è già andata oltre le più rosee previsioni. Firme e sostegno importanti che raccolgono forse per la prima volta «ambienti» per molti versi distantissimi tra loro come Giorgio Bocca e Luca Casarini, Sabina Guzzanti e Adriana Zarri, Enzo Jannacci e Piero Bernocchi, Manlio Dinucci e Dario Fo. Molti, ovviamente, non saranno materialmente presenti ma il segno arcobaleno ammorbidisce i distinguo e avvicina le provenienza. Sorprendente anche l’eco che la discussione italiana ha avuto nel movimento altermondialista, con le lettere di sostegno e incoraggiamento alla «dissidenza» made in Italy di Noam Chomsky, Walden Bello e Samir Amin.
Alla vigilia, a quanto pare, gli organizzatori non hanno «organizzato» molto: sotto lo slogan «no alla guerra senza se e senza ma» sarà un’assemblea aperta, vera, in cui si darà ampio spazio agli interventi di tutti e alla cui presidenza si alterneranno parlamentari e non. La discussione verterà sicuramente sulla Palestina, visto che «non ci incontreremo certo per decidere il voto sul decreto – spiega Salvatore Cannavò – che è una scelta di cui noi parlamentari ci assumiamo le responsabilità, spero però che riusciremo a discutere un documento e un appello che guardino al futuro, che rilancino le iniziative del movimento sulla Palestina, sull’Afghanistan, contro le basi e le spese militari». Via telefono interverranno Beppe Grillo e Alex Zanotelli mentre Gino Strada di Emergency si materializzerà da Kabul in videoconferenza.
«Per noi la discussione non è finita – spiega il Verde Mauro Bulgarelli – nella mozione manca l’exit strategy da Kabul, manca la fine di Enduring Freedom, mancano rassicurazioni sulle regole di ingaggio, manca insomma quella discontinuità forte che molti deputati e senatori avevano richiesto». L’incontro di oggi per Bulgarelli servirà a capire «l’orientamento fuori dai partiti, di tutti coloro con cui in questi anni abbiamo sfilato per la pace». Alcuni passi in avanti, ammette Bulgarelli, sono stati fatti, e il Sole che ride alla camera è stato certamente determinante nella prima mediazione ma «il confronto si deve fare anche al senato fino all’ultimo minuto utile».
Il senso (e forse il rischio) dell’incontro di oggi è aver saldato tra loro i movimenti con intellettuali proto «girotondini» e parlamentari di quattro partiti diversi (Sinistra Ds, Verdi, Prc e Pdci) che voteranno sia sì che no al decreto sulle missioni. Troppo forse per dare una direzione compiuta e troppo poco per dire che l’inizio di qualcosa. Il dado però è tratto e in un certo senso si proseguirà subito già nel sit-in previsto davanti a Montecitorio per lunedì alle 18.
Peperoncino in più forse lo offrirà il giallo sulla presenza di tre Predator italiani (ricognitori senza pilota adattabili al combattimento) nei cieli di Herat. Nella relazione di 600 pagine che accompagna il ddl sono infatti previsti in barba a tutte le assicurazioni date dalla Difesa. Secondo lo stato maggiore dell’esercito però si tratta di un mero errore materiale nella stesura delle tabelle: i Predator infatti sono dislocati a Nassiriya e, recita un comunicato ufficiale, «rientreranno in Italia alla conclusione della missione».