«No allo scalone, sì agli scalini»

I postumi della cena domenicale tra governo e sindacati,il giorno dopo si fanno sentire pesantemente: indigesti soprattutto per chi non c’era. Il tema rovente sono ancora e sempre le pensioni, con il centrodestra che grida – da Forza Italia a An, da Della Vedova e Sacconi a Urso – contro la «grottesca marcia indietro dei riformisti», la loro «viltà» se osano cancellare la legge confezionata dall’ex ministro Maroni, che con il famoso «scalone» alzerebbe di botto a 40 l’età per la pensione da lavoro. L’opposizione preannuncia una durissima battaglia parlamentare «fino all’ostruzionismo». E da Bruxelles le dà man forte il commissario europeo a gli Affari economici Joaquin Almunia, che chiede di «applicare pienamente» quella riforma berlusconiana, pena il «significativo aumento nella spesa» per via dell’«invecchiamento della popolazione».
Ma sull’«età pensionabile» la divisione si riaccende anche nella maggioranza. L’assicurazione del diessino ministro del Lavoro Cesare Damiano che «non verrà innalzata l’età pensionabile» e anzi sarebbe auspicabile «portarla a 58 anni» ieri ha suscitato reazioni opposte. Dai radicali Emma Bonino – «speriamo non ci sia ‘indietro tutta’ sulla rifotma» e Daniele Capezzone – la «ritirata ingloriosa» c’è già stata. Sostenuti dal leader dello Sdi Boselli che accusa il governo di aver ceduto alla «sinistra radiucale» e al «conservatorismo sindacale».
E viceversa dalla sinistra, che per parte sua accusa Damiano di «ambiguità». Ma che bella trovata, reagisce dal Prc Alberto Burgio: la riforma Maroni a partire dal 2008 alzerà l’età di pensione dagli attuali 57 anni ai 60; quindi Damiano la considera già in vigore se presenta i «58 anni» un «abbassamento, mentre invece sono un «innalzamento». Anche dalla sinistra Cgil della Rete 28 aprile il dirigente Fiom Giorgio Cremaschi contesta: «E’ evidente che il governo vuole sostanzialmente mantenere lo scalone, ritoccandolo solo un po’».
Intervengono anche il ministro Pecoraro Scanio per i Verdi – «abolire lo scalone, introducendo incentivi per l’allungamento volontario dell’età» -; e dal Pdci il presidente della commissione Lavoro della camera Gianni Pagliarini – «l’età è un falso problema: sparirà in 6-7 anni, quando andrà in pensione la generazione che ha iniziato a lavorare a 15 anni, il problema è piuttosto la lotta al precariato per dare ‘pensioni decorose’ a milioni di giovani».
E’ il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero a ribadire la posizione di Rifondazione: «Bisogna togliere via lo scalone di Maroni e e alzare le pensioni basse, perché le risorse ci sono».
Ma la prima contestazione gli arriva dai Ds: Marina Sereni si appoggia alle dichiarazioni del ministro dell’Economia Padoa Schioppa per opporre a Ferrero che «no, i soldi non ci sono». E per i “riformisti” Lamberto Dini – padre della vigente legge sulle pensioni – conferma i sospetti delle sinistre: «Sì, lo scalone è iniquo, ma ‘gradualmente’ bisogna alzare l’età della pensione da lavoro».
Conferma il concetto dalla Margherita il presidente della commissione Lavoro del senato Treu: «Se non c’è lo scalone ci saranno degli scalini». Dal suo partito in verità Rosi Bindi e Luigi Bobba non sono insensibili al richiamo di Ferrero, ma «c’è il problema delle risorse».
Non tacciono gli imprenditori: Luca di Montezemolo, seppur si sente toccato dai delicati «risvolti sociali», ribadisce la «riforma» una «priorità per la Confindustria. Più tranchant Il leader della Confcommercio Sangalli: «Vogliamo lo scalone».