«Niente ministri nelle università»

Via i ministri dalle università. «Sospendere ogni invito a membri del governo a partecipare a significative manifestazioni nelle università». L’ultima protesta degli atenei italiani parte dai rettori. Persa definitivamente la speranza di vedere inseriti nel maxiemendamento alla legge di bilancio quei soldi in più ritenuti necessari alla sopravvivenza delle università, i rettori hanno deciso ieri di sospendere la propria Conferenza e di invitare tutti gli atenei a non far entrare più rappresentanti del governo. E’ l’ultimo atto di protesta contro una finanziaria che toglie al settore 530 milioni di euro e contro la quale l’intero mondo accademico è in fibrillazione da mesi. «1.800.000 studenti e migliaia di ricercatori pagheranno sulla propria pelle le conseguenze di queste decisioni», hanno spiegato i rettori. Alla fine la collera è esplosa. Una protesta in qualche modo anticipata già martedì scorso, quando i rettori avevano espresso la loro preoccupazione per il fatto che il maxiemendamento venisse discusso direttamente in aula senza passare per la commissione Bilancio. «Sarebbe davvero paradossale se le richieste del sistema universitario, sostenute anche da emendamenti di maggioranza e opposizione, non dovessero essere accolte. Se così fosse la Crui dovrebbe inevitabilmente trarre le necessarie conseguenze», avevano avvertito. E così è stato. Il ridimensionamento dei finanziamenti destinati a università e ricerca era già stato nelle scorse settimane oggetto di polemiche e di un duro scambio di accuse tra governo e rettori. In particolare più di 250 milioni di euro in meno, secondo quanto previsto dal decreto Bersani sulle liberalizzazioni, ai quali va aggiunto un ulteriore taglio di 200 milioni di euro sul fondo di finanziamento ordinario per il 2007. Un risparmio che significa anche una diminuzione degli investimenti e che allontana ulteriormente l’Italia, dove per ogni studente universitario si spendono in media 7.241 euro, da altri paesi europei come la Francia, che per i suoi studenti spende 9.135 euro, e la Germania, con i suoi 9.895 euro a studente. Il risultato è che continuando così, non solo gli studenti italiani avranno sempre meno sevizi rispetto ai loro colleghi europei, ma in pochi anni si potrebbe arrivare, denunciano i rettori, «al blocco degli atenei, alla cancellazione del futuro per i nostri giovani». Senza contare che la mancanza di finanziamenti adeguati mette a serio rischio anche il rinnovo dei contratti per molti ricercatori. Una situazione che, nelle scorse settimane, ha messo in allarme anche la senatrice e premio Nobel Rita Levi Montalcini, tanto da spingerla a minacciare di non votare la Finanziaria. Solidarietà ai rettori è stata espressa da entrambi gli schieramenti, anche se non sono mancate le voci contrarie. «E’ una protesta da non ignorare», ha detto ad esempio il senatore dell’Ulivo Andrea Ranieri. «Questa finanziaria – ha proseguito – ha dovuto fare i conti con lo stato di bancarotta in cui il governo Berlusconi ha lasciato i conti pubblici e quindi non ha potuto risolvere questo problema che grava sulle università. Tuttavia il problema va affrontato e risolto». «Come avevamo già annunciato, per l’università è arrivata la clamorosa presa in giro», ha accusato invece il governo il senatore di An Giuseppe Valditara. «I tagli sono insostenibili, e pregiudicano lo sviluppo del sistema di ricerca pubblica, a dimostrazione che il governo Prodi non ha a cuore il futuro dell’Italia». Contrario alla protesta si è detto invece il presidente della provincia di Firenze Matteo Renzi (Margherita), che ha definito la decisione dei rettori «esagerata e ingiusta». «Se davvero si hanno a cuore le sorti dell’università italiana, perché puntare il dito contro l’esecutivo? – si è chiesto Renzi -. Sarebbe interessante capire se il mondo universitario, quando ha in prima persona la possibilità di incidere dal punto di vista legislativo sa passare dalla protesta alla proposta».