Il numero dei richiedenti ospitati più basso che in altri paesi
Anche per il diritto d´asilo l´Italia è in coda alle classifiche, è ancora priva di una legge organica e ospita un numero di rifugiati notevolmente inferiore a quello d´altri paesi europei: 15.000 (0,27 ogni mille abitanti, contro i 10 ogni mille della Germania). Inoltre anche questa materia – benché regolata dalla Convenzione di Ginevra – è finita nel tritacarne dello scontro politico. Nel marzo scorso il diessino Antonio Soda si è dimesso da relatore e da allora il progetto di legge è fermo. Anche nella passata legislatura il tentativo di disciplinare il diritto d´asilo era fallito.
La difficoltà principale è la sovrapposizione tra la questione dei richiedenti asilo e quella generale dell´immigrazione. «Ma le due cose – dice Laura Boldrini, portavoce per l´Italia dell´Unhcr, l´Agenzia dell´Onu per i rifugiati – vanno tenute distinte: chi chiede asilo non arriva per cercare un lavoro ma perché è stato costretto a fuggire».
Il fatto è che le vie d´ingresso sono le stesse. Letteralmente “sulla stessa barca” (che per esempio approda a Lampedusa), sono presenti entrambe le categorie. Distinguerle non è semplice. Accade così che i metodi spicci dell´eterna “emergenza-immigrazione”, vadano a colpire persone che rientrano nella situazione giuridica del rifugiato. Le agenzie umanitarie l´hanno denunciato per le espulsioni in Libia.
«Tra i nodi su cui si è arenato il progetto di legge – ricorda Antonio Soda – due sono significativi: la garanzia di non privare il richiedente asilo della libertà fino al momento dell´esame della domanda e l´efficacia sospensiva del ricorso giurisdizionale». In parole povere, se oggi un richiedente asilo viene bocciato dalla commissione esaminatrice e decide di ricorrere alla magistratura, intanto viene espulso. Col rischio di restituire ai suoi persecutori una persona che, poi, potrebbe vedersi riconosciuto lo status di rifugiato.
Attualmente la materia è disciplinata da due articoli della legge generale sull´immigrazione, la Bossi-Fini, entrati in vigore due mesi fa. Esistono sette commissioni territoriali (prima era una sola, a Roma) che esaminano le domande. L´intera procedura si esaurisce nell´arco di trentacinque giorni. Un passo avanti rispetto alla situazione precedente, quando le attese duravano fino ad un anno e mezzo. Ma l´assenza di una legge organica rende incerti i criteri di valutazione. Per esempio, l´identikit del rifugiato tracciato nel 1951 a Ginevra non chiarisce se ad un omosessuale perseguitato in quanto tale nel suo paese, va accordato l´asilo. Casi uguali vengono valutati in modo diverso. A maggior ragione tra i vari Stati europei. Il mese scorso, durante una conferenza organizzata dal Centro italiano rifugiati, il vicepresidente della Ue Franco Frattini, ha auspicato un «sistema europeo per l´asilo». E tutti si sono trovati d´accordo.
I problemi nascono nell´applicazione del principio. La Lega Nord, seguita dalle altre forze della maggioranza, ha il timore che le richieste d´asilo spesso non siano che un modo per aggirare la Bossi-Fini. Su questa linea si è schierato lo stesso ministro dell´Interno Pisanu il quale ha sostenuto che solo l´otto per cento delle domande presentate in Italia è accolto. Dato contestato dall´Unhcr. Se si prendono in considerazione le 8.701 domande presentate nel 2004 e si escludono quelle che per vari motivi non sono state coltivate dagli stessi richiedenti, il dato di base scende a 6.000. Le richieste d´asilo accolte sono state 780 ma ad esse vanno aggiunte, sottolinea l´Agenzia dell´Onu, le 2.352 alle quali è stata riconosciuta la protezione umanitaria, che è comunque una tutela riservata a chi viene da paesi dove regna la violenza. In definitiva, sostiene l´Unhcr, più della metà delle domande sono state ritenute fondate.
Nella scorsa legislatura, la legge sull´asilo ha incontrato ostacoli all´interno dello stesso centrosinistra. Ricorda Soda: «Abbiamo atteso per oltre un anno il parere del Tesoro sulla copertura finanziaria e allora eravamo al governo. È una mia impressione, ma credo che, ormai a ridosso delle elezioni, la campagna della Lega che collegava il problema a quello della sicurezza, abbia suscitato dei timori al nostro interno».