Valentino Parlato (intellettuale e tra i fondatori del quotidiano il manifesto): la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Nicolò Pollari.
«Pollari fa la mesta fine che facciamo, spesso, tutti noi».
Che sarebbe?
«Eroi, finché siamo utili. Poi, giù nel cesso».
Lei conosce bene l’ ex direttore del Sismi.
«Ci siamo visti, per un lungo e delicato periodo, a Palazzo Chigi».
Quando la vostra giornalista Giuliana Sgrena era nelle mani dei rapitori, a Bagdad.
«Quasi ogni sera, io, Gabriele Polo, Gianni Letta e Nicolò ci incontravamo e facevamo il punto della situazione».
Che tipo è Nicolò Pollari?
«È una persona che sa come va il mondo. Ne ha, diciamo, cognizione perfetta».
E questo cosa vuol dire?
«Che, in certe situazioni, parla e ragiona solo per raggiungere un obiettivo».
Quale?
«Risolvere il problema nella sua immediatezza. Non è un ideologo, non si sente un missionario, non crede di dover e poter salvare il mondo».
Un professionista dei servizi segreti.
«Non sono in grado di valutare. Certo è un uomo di buon senso e di grande intelligenza».
Parliamo del buon senso.
«Faccio un esempio: ad un certo punto, qualcuno avanzò la possibilità che, per liberare Giuliana Sgrena, fosse possibile un blitz. Ma lui disse no, non gli sembrava ragionevole».
Buon senso e intelligenza: però poi è finito con tutte le scarpe nella vicenda di Abu Omar.
«Non so se abbia autorizzato, o addirittura partecipato al sequestro dell’ ex Imam di Milano. So, però, cosa mi disse una volta».
Cosa?
«Disse: ti giuro che se un servizio, sia pure importante come quello americano, mi chiedesse un piacere, io non glielo farei se non con il consenso del mio Paese».
Del governo del suo Paese.
«Del governo, chiaro».
Quindi, nel caso di Abu Omar, dell’ allora premier Silvio Berlusconi?
«Chiaro».
Quindi, Parlato, per lei Berlusconi sa?
«Se è successo qualcosa, assolutamente sì».