Israele, il ministro del Likud s’è dimesso per Gaza. Il suo liberismo ha messo in ginocchio il 20% delle famiglie
Ariel Sharon ieri ha avviato contatti con i dirigenti del Likud per impedire che le dimissioni rassegnate l’altroieri da Benyamin Netanyahu in polemica con il ritiro da Gaza portino ad una frattura insanabile nel partito e, in conclusione, ad una scissione tra i cosiddetti «pragmatici» e gli ultranazionalisti. Il premier israeliano sta cercando di assicurarsi il sostegno del ministro degli esteri Silvan Shalom ¡ uno dei dirigenti più popolari nel partito – che ha spesso avuto una posizione ambigua riguardo all’evacuazione delle colonie. In ogni caso il tardivo gesto di protesta di Netanyahu non pare destinato ad avere effetti immediati e anche la Borsa di Tel Aviv, dopo la contrazione del 5% fatta registrare domenica, ieri ha reagito con favore alla nomina del vicepremier Ehud Olmert, uno stretto collaboratore di Sharon, a nuovo ministro delle finanze. Olmert si è affrettato, incontrando il Governatore della Banca d’Israele Stanley Fischer, a garantire che proseguirà la politica economica portata avanti da Netanyahu. Una brutta notizia per i tanti israeliani che hanno pagato sulla loro pelle le conseguenze delle privatizzazioni, dei tagli profondi allo stato sociale, degli alti tassi d’interesse che, secondo il ministro delle finanze dimissionario, hanno portato Israele fuori dalla crisi economica degli anni passati (quelli dell’Intifada palestinese) ma che, senza ombra di dubbio, hanno anche contribuito all’impoverimento progressivo di una fascia consistente della popolazione. Le dimissioni di Netanyahu sono coincise con la presentazione dei dati per il 2004 dell’ente per la previdenza sociale sulle condizioni di vita degli israeliani. Per il sesto anno consecutivo è aumentata la percentuale delle famiglie povere, oltre il 20% (394.000) contro il 19,3% dell’anno precedente. Significa che un milione e mezzo di israeliani conducono un’esistenza fatta di stenti e difficoltà spesso insuperabili.
Di questi, oltre 700.000 sono bambini. Israele ormai ha superato gli Stati uniti in questa triste graduatoria ed è davanti agli altri paesi occidentali. Nel 2004, secondo le stime dell’ente per la previdenza sociale, un bambino israeliano su tre viveva sotto la soglia di povertà. Tra coloro che ogni giorno devono lottare per sfamare le loro famiglie, ci sono anche 160.000 israeliani che hanno un lavoro fisso ma che non produce un reddito sufficiente. Gli stipendi di questi lavoratori sono «da fame», in media appena 1.888 shekel mensili, circa 350 euro. L’impoverimento di una porzione significativa della popolazione ¡ i livelli più preoccupanti si registrano tra gli arabi israeliani (palestinesi con cittadinanza israeliana, 1,4 milioni) e gli ebrei ortodossi – non ha impedito a Netanyahu di continuare a sostenere con passione e generosità i coloni nei Territori palestinesi occupati, i quali godono di aiuti governativi mentre la madri single – come Vicky Knafo che due anni fa percorse a piede oltre 200 chilometri dalla sua cittadina nel Neghev fino a Gerusalemme per protestare contro il ministro delle finanze ¡ si sono viste tagliare i sussidi per i loro bambini. Netanyahu andava orgoglioso dei suoi tagli agli assegni per le famiglie. Nel 2009, affermava fiero, le famiglie riceveranno per i loro figli il 70% in meno dei sussidi assegnati nel 2003. In questo modo il ministro delle finanze dimissionario dichiarava di voler combattere la disoccupazione, ma il risultato più evidente è stato l’aumento della povertà.
Le statistiche ufficiali dicono che i posti di lavoro creati sono part-time e pagati male. «Le dimissioni di Netanyahu purtroppo sono arrivate troppo tardi», si è rammaricato Yuval Albashan, docente all’università ebraica di Gerusalemme ¡ il danno à già stato fatto e porvi rimedio non sarà facile». Secondo Sari Rivkin, direttore dell’istituzione umanitaria Yadid, è necessario considerare con attenzione il caso dei salariati ridotti alla fame mentre i nuovi poveri giungono quasi sempre da famiglie della classe media che non riescono a sostenere gli interessi del mutuo per la prima casa e il pesante regime fiscale. Olmert non farà nulla per aiutarli.