Nessun sollievo

Il governo, per il momento, è salvo. L’Udc di CasiniCasini, questa volta, fallisce l’obiettivo di gettare le basi per una nuova maggioranza: il decreto di rifinanziamento delle missioni militari ottiene il via libera del senato senza che i voti centristi siano determinanti e l’ordine del giorno che nelle intenzioni degli ideatori (sempre i centristi) avrebbe dovuto terremotare l’Unione chiedendo più mezzi e più militari italiani in Afghanistan viene respinto al mittente da Forza Italia, An e Lega. E non arriva agli onori dell’aula. Magra consolazione per Silvio Berlusconi: l’Udc fa un buco nell’acqua ma è l’unica forza di opposizione a votare «responsabilmente» con il centrosinistra, proponendosi come principale interlocutore del governo. Mentre il Cavaliere, decidendo per l’astensione, esce malconcio dal tentativo di spallata, andando a sbattere contro i desiderata del Colle e del pur comprensivo (a detta dell’uomo di Arcore) amico americano.
Il governo, per il momento, è salvo. Prodi può cantare vittoria. Almeno sul fronte parlamentare. Perché se l’Unione regge di fronte agli ordini del giorno, agli emendamenti, alle manovre piò o meno spericolate e, in definitiva, alla lotteria del voto a palazzo Madama, con la giornata di ieri il governo e la sua maggioranza mettono in chiaro di non poter reggere di fronte alle esigenze della Nato, che non aspetta un attimo per incalzare l’alleato italiano.
Con una sinistra disorientata e in sofferenza, assillata dall’incubo di una ri-caduta di governo al punto di risultare per lo più afona, non solo l’Unione approva l’emendamento del leghista Calderoli che chiede genericamente di garantire la sicurezza di militari e civili in Afghanistan, ma il ministro degli esteri Massimo D’Alema si spinge a far balenare la presentazione di un decreto ad hoc per fornire più mezzi, sulla base delle indicazioni dello Stato maggiore, ai militari italiani. E per giunta, seppure con la contrarietà di Rifondazione, Verdi e Pdci e di qualche senatore dell’Ulivo, l’aula del senato approva un ordine del giorno in base al quale il governo dovrebbe consegnarsi mani e piedi alla Nato promuovendo «la definizione di una linea comune nei casi di presa di ostaggi». L’apertura della conferenza di pace ai talebani osata dal segretario dei Ds Piero Fassino naufraga nell’uniformità quasi totale di lucine verdi che dicono sì all’ordine del giorno contrario a questa ipotesi. E lo stesso D’Alema derubrica la proposta del suo segretario: un’idea tra le tante, che lascia il tempo che trova perché la decisione, sottolinea, non spetta all’Italia.
Prodi è salvo, ma certo l’Unione non potrà tirare un sospiro di sollievo contando sul fatto che della missione militare in Afghanistan si riparlerà solo tra un anno, come prevede lo stesso decreto approvato ieri. Le notizie dal fronte, sempre più drammatiche, sollecitano altre risposte, oltre alla dimostrazione plastica che un altro governo, per il momento, è impossibile.