Nessun dorma

Florence, Hussein, i giornalisti rumeni, ora Clementina. Dall’Iraq a un Afghanistan tutt’altro che pacificato. Il popolo della pace deve tornare a far sentire la sua voce. Subito. La straordinaria mobilitazione che ha contribuito alla mia liberazione non può interrompersi: chi mi ha sostenuta deve ora con altrettanta caparbietà e passione sostenere la liberazione di Clementina. Avevamo ragione quando, isolati, sostenevamo che in Afghanistan ben poco era cambiato, che fare elezioni non vuol dire democrazia, che l’ossimoro vivente di una donna col burqa che depone una scheda in un’ urna elettorale avrebbe dovuto scandalizzare il mondo che invece guardava compiaciuto a questo esempio di «democrazia dal basso costruita grazie all’uso legittimo della forza» (Gianfranco Fini, intervistato da Gad Lerner). La scuola dei taleban ha funzionato bene, tanto che gli americani sono riusciti a reinserirli nel processo elettorale come forza di «stabilizzazione» e se questo ancora una volta va a discapito del diritto alla vita di molte donne, poco importa.

In Iraq la spirale guerra/terrorismo sembra non aver fine e ogni istanza politica è annichilita dal fragore delle bombe. Noi che ci eravamo battuti contro la follia della guerra, giustificata da ragioni dimostratesi false, chiediamo oggi con forza il ritiro delle truppe come condizione necessaria, anche se sappiamo benissimo non sufficiente, per spezzare la spirale della violenza. È questa la condizione anche per permettere a chi fa cooperazione vera e aiuta realmente la popolazione civile in Afghanistan come in Iraq di tornare a lavorare per difendere i più deboli e coloro che più hanno sofferto le conseguenze di bombardamenti e distruzioni, innanzitutto donne e bambini.

Clementina e tante altre donne e uomini devono poter tornare al loro lavoro che molto più della presenza militare fa onore al nostro paese e questo dovrebbe essere ben chiaro anche a tutti coloro che accusano oggi i pacifisti di non muoversi e li accusavano ieri di collusione con il terrorismo.

Nei prossimi giorni, domani a Roma (ore 19 in Campidoglio) e martedì a Milano (ore 18 di fronte a Palazzo Marino) due manifestazioni chiederanno la libertà di Clementina e di tutti gli altri ostaggi, per la pace e la libertà del popolo iracheno e afghano, per la fine di tutte le guerre: torniamo in piazza per far sentire la nostra voce e per non rassegnarci di fronte alla violenza e alla guerra.