«Nessun disarmo senza Shebaa farms»

La crisi israelo-libanese e l’escalation militare che sconvolge il Medioriente ha portato alla ribalta la questione delle Mazra Shebaa, le fattorie di Shebaa. Un’area che si trova nel punto d’incontro tra Libano, Siria ed Israele. Un mix d’interessi strategico-militari, dispute su sorgenti d’acqua e strascichi della passata guerra arabo-israeliana. In tutto 25 km quadrati. Mazrah Shebaa sono un agglomerato di 14 fattorie occupate dall’esercito israeliano dopo la guerra del 1967 che si trovano a ridosso della linea blu dell’Onu tracciata dopo il ritiro israeliano dal Libano nel 2000, ora nuovamente rioccupate dall’esercito israeliano. Lo stato libanese, e soprattutto Hezbollah, rivendica questi territori come propri, mentre Israele e l’Onu dichiarano la loro appartenenza alla Siria. La rivendicazione di quest’area, col tacito appoggio di Siria ed Iran, è uno dei punti di forza di Hezbollah per continuare la resistenza contro lo stato israeliano, in un’ottica più regionale che nazionale, anche se numerosi esponenti dello stato libanese e dell’opposizione ne appoggiano la liberazione. Uno di questi è il Free Patriotic Mouvement (Fpm), partito libanese cristiano di ispirazione laica guidato dall’ex generale Michel Aoun, protagonista nel 1990 della «guerra di liberazione dalla Siria» conclusasi tragicamente col suo esilio e da tempo in rotta col partito di Hariri figlio. Dell’attuale crisi e della questione delle fattorie di Shebaa abbiamo parlato col generale Issam Abu Jamra, ex vice-premier del governo Aoun dall’88 al ’90 e oggi braccio destro di Aoun alla guida del Fpm.

Mr. Jamra, qual è la posizione del suo partito su quanto accade?
Approviamo in toto le decisioni del governo e chiediamo un immediato cessate il fuoco.

Bush ha dichiarato che Israele ha il diritto di difendersi ma non vuole che Beirut venga indebolita, mentre un portavoce dell’esercito israeliano ha detto: «Non è una guerra»
Bush vuole restringere il conflitto tra Israele ed Hezbollah, dimenticando che Hezbollah fa parte del governo libanese. Quanto a Israele dopo aver distrutto gli aeroporti, i ponti sulle autostrade e le strade, dopo aver distrutto le centrali elettriche, non possono dire che si tratta di una crisi. È l’inizio della guerra, e nessuno sa come andrà a finire.

Il 2 febbraio 2006 il suo partito ha siglato l’accordo con Hezbollah.
Il nostro rapporto con Hezbollah è un rapporto su una base «nazionale», libanese. Qualcuno mi ha chiesto «Come avete potuto fare questo?». La risposta è semplice: abbiamo raggiunto una comune visione della situazione politica interna e internazionale. Se Hezbollah volesse tornare ad essere fondamentalista, allora noi possiamo essere ancor più fondamentalisti di loro. È un punto importante. Noi adesso abbiamo fatto un accordo tattico sulla base di alcuni intenti comuni e un comune interesse politico. Loro hanno bisogno di noi e noi di loro. Potrebbe anche divenire un accordo strategico, ma sempre se sarà nell’interesse del Libano. In quest’ottica siamo pronti a fare accordi strategici con qualunque partito e movimento libanese.

Si tratta di un accordo politico anche nella prospettiva di un miglioramento delle relazioni con Siria e Iran?
Hezbollah ha buoni rapporti con Siria e Iran. Ma anche i cristiani hanno buone relazioni con il papa, li possiamo criticare o bloccare? Hariri, sunnita, ha buone relazioni con l’Arabia saudita, possiamo fermarlo? No. Se questi paesi ci danno aiuto noi dobbiamo accettarlo. Non siamo un paese ricco. Questo non significa che siamo sulla loro stessa linea politica. Il problema al centro della discussione ora è la questione del disarmo di Hezbollah. Lo prevede la risoluzione 1559. Ma per applicarla ci deve essere una buona ragione nell’interesse del paese. Altrimenti perché dovrebbero disarmare? A questo punto non possiamo evitare di affrontare, preliminarmente, la questione delle Shebaa farm e quella dei due prigionieri detenuti in Israele. L’Onu deve fare una risoluzione per liberare questi due ragazzi e far tornare le «Sheba farm» dentro i confini libanesi. Solamente dopo possiamo chiedere a Hezbollah il disarmo. Questo pezzo di terra è stato sotto l’autorità libanese fino al 1957. Dal 1957 al 1967 sotto il controllo siriano e dal 1967 fino ad oggi sotto il controllo israeliano. Si tratta di una disputa fra tre paesi e non può essere risolta se non lavorando insieme. Se si vuole applicare la 1559 con la forza, il dialogo con Hezbollah non sarà di pace.