Nel precipizio iracheno

Se è possibile è ancora più triste, fa ancora più male sapere che altri italiani sono stati colpiti in Iraq, ancora un morto e quattro feriti di cui uno molto grave, adesso che il ritiro delle truppe è una decisione presa. La strada del ritorno assomiglia sempre più a una via crucis. La decisione di chiudere con Nassiriya l’aspettiamo da anni comeuna liberazione. Intanto ci viene anticipata dal dolore di nuovi lutti. Quei militari che continuano a morire non dovevano essere lì. Li hanno ammazzati mentre scortavano un convoglio di soldati inglesi, e non dovevano essere lì. Come il sangue dei civili iracheni chemuoiono a grappoli ogni giorno ci ricorda che la missione umanitaria è un inganno tragico e crudele, il sangue dei soldati italiani colpevolmente associati alla più sporca delle guerre di George W. Bush ci riporta al peso degli impegni del governo di centrosinistra. Impegni non ancora rispettati. Il ritiro dell’Iraqnon èuna questione da affrontare con calma, dopo il buco di bilancio e il ponte diMessina. E’ la vera priorità per il semplice fatto che di occupazione si muore. Si uccide e simuore. Entro la fine delmese il parlamento deve decidere sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero. Che dall’Iraq andiamo via Prodi l’ha detto anche a Tony Blair. Ma non è indifferente il quando: comeogni giorno siamo costretti a scoprire con dolore. In Spagna Zapatero ha fatto passare un solo mese tra il suo insediamento come primo ministro e il ritorno dell’ultimo soldato. Una volta presa la decisione, è una considerazione persino scontata, attendere vuol dire solo rischiare di più. Prodi ha giurato il 17maggio. Siamo già in ritardo. Sappiamo bene che bisogna considerare i tempi tecnici del ritiro. Ma quei tempi cominciano a correre un attimo dopo il «tutti a casa». L’ordine non è ancora arrivato. Al contrario si continua adiscuterne. E speriamo chenon si ripeta l’utilizzo osceno di una notizia tragica come quella di ieri sera da parte di chi si oppone al ritiro. Abbiamo già visto con quanta disinvoltura criminale si possa usare la parola «onore». Le responsabilità delle Forze armate italiane impegnate in Iraq non sono quelle del governo che ce le hamandate. Che non si debba andare via mentre sparano addosso alle truppe è una logica da film western. Non c’entra con la realtà. Che è quella di una missione sbagliata, di una guerra illegale e di una occupazione che ha moltiplicato il terrorismo. Per questo bisogna andare via adesso. Ungiorno prima e nonungiorno dopo. Per la ragione semplice che non bisognava andarci, in Iraq. Si metta d’accordo con se stesso chi vorrebbe farci rimanere a Nassiriya per rispondere al fuoco, pallottola su pallottola, e intanto ripete senza scrupoli la propaganda della missione di pace. Il sangue di ieri sera come quelle degli altri 37 italiani che sono già morti in questa guerra ci riempie di tristezza.Comequello di tutti imorti in Iraq. Per questo, anche per questo bisogna portarli via tutti e subito. Dall’Iraq e anche dall’Afghanistan dove le truppe italiane senza i requisiti minimi di sicurezza sono coinvolte in una guerra sempre più sanguinosa e del tutto fuori dalla Costituzione.