Nato, la mutazione genetica di un’Alleanza asimmetrica

Come è cambiato il «partenariato strategico» fra Usa ed Europa, dal Trattato di Washington del 1949 al 1999, fino all’11 settembre

«E’ attraverso una relazione stretta, leale ed equilibrata tra l’America e l’Europa che assicureremo la perennità del partenariato strategico forgiato dal Trattato di Washington»: così ha dichiarato il presidente Chirac al vertice Nato. Parole condivise dal presidente Bush: «L’America appoggia una forte Europa», ha sottolineato. Parole. Ma quali sono i fatti? Il primo è che il «partenariato strategico» non è più basato sul Trattato di Washington del `49, ma sul «nuovo concetto strategico» ufficializzato dal vertice di Washington dell’aprile `99: da alleanza che, in base all’art. 5, impegna i paesi membri ad assistere con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell’area nord-atlantica, essa viene trasformata in alleanza che impegna i paesi membri a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’art. 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza». Non a caso il «nuovo concetto strategico», sottoscritto dagli alleati europei (per l’Italia dal governo D’Alema), viene enunciato mentre la Nato combatte una guerra nel cuore dell’Europa, quella contro la Jugoslavia, che permette agli Usa non solo di rivitalizzare l’Alleanza messa in crisi dalla fine della guerra fredda, ma di rafforzare la propria influenza nella regione europea nel momento critico in cui, dopo il dissolvimento del Patto di Varsavia e la disgregazione dell’Urss, se ne ridisegnano assetti politici, economici e militari.

Contemporaneamente, sotto pressione di Washington, la Nato comincia a espandersi a est inglobando nel 1999 i primi tre paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica ceca e Ungheria. Quindi, nel 2004, si estende ad altri sette: Estonia, Lettonia, Lituania (già facenti parte dell’Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia (già facenti parte del Patto di Varsavia); Slovenia (già facente parte della Repubblica jugoslava). Significativamente i sette ufficializzano il loro ingresso depositando gli strumenti di accesso non nelle mani del Consiglio atlantico, ma in quelle del governo statunitense. Un vero e proprio schiaffo agli alleati europei per riaffermare, ancora una volta, chi comanda nell’Alleanza.

Non solo: poiché Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia sono entrate nella Ue nel 2004 e Romania e Bulgaria vi entreranno nel 2007, Washington si assicura forti strumenti di pressione all’interno della stessa Unione europea per orientare le sue scelte politiche e strategiche. Non a caso, quando Francia e Germania prendono le distanze dalla guerra contro l’Iraq, Rumsfeld contrappone alla «vecchia Europa», formata da questi paesi, la «nuova Europa» formata dai paesi dell’Est schierati con Washington nella «guerra globale al terrorismo».

L’ingresso nella Nato di questi paesi permette al Pentagono di estendere verso Est la presenza militare statunitense. In tale quadro la base aerea rumena Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero, viene trasformata in una grande base statunitense. La sua importanza, dichiara il Pentagono, è dovuta al fatto che «è situata al crocevia tra Europa e Asia, a una distanza che permette di colpire in Iraq, Afghanistan e altri luoghi caldi» (The New York Times, 12 ottobre 2004). Contemporaneamente Washington prepara il terreno per portare nella Nato anche l’Ucraina, estendendo così la presenza militare statunitense ancora più in profondità nel territorio dell’ex Urss, a ridosso della Federazione russa.

Dopo l’11 settembre la «Grande Nato» voluta da Washington si spinge oltre: prima invia proprie truppe in Afghanistan, dove assume la leadership della «Forza internazionale di assistenza alla sicurezza»; quindi si impegna ad addestrare ed equipaggiare le «forze di sicurezza irachene». Contemporaneamente diviene operativa la Forza di risposta della Nato (Nrf) che, composta inizialmente di 17mila uomini, potrà essere «dispiegata in qualsiasi parte del mondo entro 5 giorni» ed essere «autosufficiente per un mese in una vasta gamma di missioni». La comanda, dal quartier generale di Napoli, l’ammiraglio Usa Michael Mullen, comandante del Joint Force Command Naples (il nuovo comando Nato sempre con sede a Napoli), che è allo stesso tempo comandante delle Forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è stato trasferito da Londra a Napoli.

La «Grande Nato» viene così sempre più coinvolta nella strategia statunitense, con il sostanziale consenso di tutti i governi europei, compresi quelli che, mentre ufficialmente rivendicano «una relazione equilibrata tra l’America e l’Europa», continuano ad accettare (in cambio di contropartite sottobanco) la «perennità» dell’alleanza asimmetrica.