Nassiriya, un altro caduto

Nassiriya sempre fatale per le truppe italiane schierate in Mesopotamia al fianco delle forze di occupazione Usa. Un soldato italiano, Alessandro Pibiri, 25 anni, della Brigata Sassari, è morto ieri in serata, un altro versa in gravi condizioni e altri tre sarebbero feriti lievemente per l’esplosione di un ordigno fatto deflagrare con un comando a distanza al passaggio di un convoglio italiano nei pressi di Nassiriya. È questo il tragico bilancio, reso noto ieri sera dal capo di stato maggiore della difesa l’ ammiraglio Gianpaolo Di Paola, durante la cerimonia per il 192/o anniversario di fondazione dell’ Arma dei Carabinieri. Il convoglio, secondo quanto riferito dall’ufficio stampa della task force italiana, era impiegato in un’attività di scorta ad un convoglio logistico britannico diretto alla base di Tallil e proveniente dalla confinante provincia del Maysan. L’attentato, che si inserisce in una generale intensificazione delle operazioni di guerriglia nel sud del paese, una volta considerato relativamente tranquillo, è avvenuto alle 21.35 ore locali (19.35 ora italiana), lungo una strada a 100 chilometri a nord di Nassiriya. L’esplosione ha investito direttamente il primo veicolo della Task Force Alfa del contingente italiano, un «VM 90» con a bordo cinque militari. Sul posto sono intervenuti immediatamente i soccorsi prestati dal personale medico che viaggiava a bordo di un’ambulanza al seguito del convoglio. Successivamente, dalla base aerea di Tallil, si è alzato in volo un HH-3F dell’Aeronautica Militare per evacuare i feriti e trasportarli presso l’ospedale da campo italiano. Uno dei due militari feriti in modo grave è morto però poco dopo durante il trasporto in ospedale. Sale così a 31 il numero dei soldati italiani, più sette civili, sacrificati sull’altare della guerra e dell’occupazione americana dell’Iraq. La tragedia di ieri sera non potrà non avere una profonda influenza sulle decisioni del governo italiano che, pur essendosi impegnato a ritirare i nostri soldati dall’Iraq, non ha ancora sciolto la riserva sulle date e sui modi del ritiro, subordinandole alle consultazioni con l’Amministrazione americana, con il governo di Londra e con l’esecutivo fantoccio iracheno del premier al Maliki. Nell’ambito di queste consultazioni il ministro degli esteri italiano Massimo D’Alema è atteso a Baghdad e a Nassiriya nei prossimi giorni. L’avventura italiana in Mesopotamia al fianco delle truppe di occupazione americane, denominata “operazione antica Babilonia”, prese le mosse nel luglio del 2003 quando un nostro contingente, inquadrato nel comando di divisione britannico con sede a Basra, assunse il controllo della città di Nassiriya, sul fiume Eufrate, nel sud dell’Iraq, e della circostante provincia di Dhi Qar. Una regione di grande importanza strategica a nord del porto di Umm Qasr, non lontano dai ricchi giacimenti petroliferi di Rumaliya e punto obbligato di passaggio per l’attraversamento dell’Eufrate. La provincia con oltre un milione di abitanti è a maggioranza sciita e, una volta patria del Partito comunista, vede ora una forte presenza dei movimenti più radicali facenti riferimento alla galassia di Moqtada al Sadr. A questi, sostenuti dagli italiani, si contrappongono i gruppi religiosi più conservatori facenti riferimento all’ayatollah al Sistani e ad alcuni esponenti religiosi locali, alcuni dei quali in ottimi rapporti con gli occupanti e il partito di governo filo-occupazione (per il momento) e filo-Iran, il Consiglio Supremo per la rivoluzione islamica in Iraq. Il contingente, all’inizio, era composto da 1850 uomini dell’esercito, 350 carabinieri, 700 militari tra Marina e Aeronautica. La missione, sin dall’inizio è stata caratterizzata da una grave ambiguità del mandato che prevedeva l’invio dei militari per la protezione degli aiuti e dell’intervento «civile» in uno scenario invece chiaramente bellico di guerriglia e di controguerriglia. Con l’agosto del 2005 inizia il ridimensionamento del contingente che passa da 3200 uomini a 2900 (settembre), 2600 (gennaio) e ora, a giugno, a 1600 uomini, per poi tornare in Italia alla fine dell’anno. Vi sono però forti pressioni da parte degli Usa perché una presenza italiana resti comunque in Iraq. I nostri soldati sono infatti presenti anche presso il Comando Britannico della zona sud-est e presso il comando Multinazionale a Baghdad, in tutto circa 166 uomini, oltre ai militari del Centro di Addestramento a Baghdad della Nato. Non è chiaro al proposito se il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq riguarderà anche questa presenza, ridotta si ma molto importante, sotto il profilo politico per l’Amministrazione Bush.