ROMA—Per far nascere la «Cosa rossa» cinquemila militanti si sono messi in marcia per oltre un chilometro dall’ingresso fino al padiglione io della nuova Fiera di Roma. Sembrava una moderna edizione del «Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo, lungo cammino nella speranza.
Ieri è nata la «Cosa rossa», ma in realtà è morta, perché non si chiamerà così la federazione di Rifondazione, Comunisti italiani, Sinistra democratica (Mussi) e Verdi. Si chiamerà «la Sinistra l’arcobaleno». Ieri, al padiglione io, c’è stato il primo passo, affrettato dall’operazione Partito democratico e da una ipotetica legge elettorale che penalizza le pìccole forze. Clima vivace e pratico, fra il banco dei «popoli zapatisti» e quello per firmare contro l’anidride carbonica e nove workshop su lavoro, laicità, disarmo, clima, migranti, crirninalità, innovazione. Oggi sarà la giornata ufficiale, i discorsi, la Carta dei valori. «Comincerò parlando di lavoro — dice Franco Giordano, segretario di Rifondazione comunista — parlando della tragedia di Torino perché contiene tutti i nostri temi, bassi salari, straordinari, sfruttamento…».
Tutti chiedono a Giordano che si fa con il governo e lui la prende larga; «La costruzione di questo nuovo soggetto a sinistra mette in secondo piano la questione del governo». Rifondazione ha aperto, con l’intervista di Bertinotti, martedì scorso, la questione del ritorno all’opposizione.
Bertinotti lo ha rispiegato venerdì sera a un convegno di partito: «La collocazione tra governo e opposizione non può essere predeterminata». Poi, ieri pomeriggio, da Modena, il passo indietro a sorpresa, il viatico al governo a completare la legislatura. Il tema «governo», alla Fiera di Roma, resta fra quelli che dividono. Paolo Cento, verde e sottosegretàrio, scruta però i cinquemila di ieri e vede soprattutto gente «di movimento»: «Per molti di loro Padoa-Schioppa non è peggio di Paolo Cento. Abbiamo passato giorni a parlare dell’intervista di Bertinotti, qui non se ne fa parola…». Ma oggi nella Carta dei valori, anche su pressione dei Verdi, si scriverà che la nuova forza politica è «pronta ad assumersi oggi e domani responsabilità di governo». Nella stessa Carta si parlerà di «adesioni» e non di iscrizioni, in modo da lasciare ancora molto spazio alle formazioni originarie.
Oggi, oltre ai quattro segretari, parlerà Nichi Vendola, governatore della Puglia e candidato di Bertinotti per guidare, un giorno, questa Sinistra arcobaleno unita. E parlerà Gianfranco Amendola, già pretore d’assalto, candidato leader dei Verdi. Non ci sarà quasi certamente Ingrao, autóre di una «scandalosa» intervista sabato alla Stampa («Meglio una fusione di una federazione») e di un’altra intervista oggi a Liberazione più morbida nei toni. Manderà un messaggio, lui che è il «nonno» di tutta la sinistra. Ci sarà Bertinotti, silente.
Ieri, nulla di rosso nelle sale. Oggi, esposizione del nuovo simbolo, con l’abbandono di falce e martello. Nel sito hi-ternet dell’assemblea sono decine i commenti delusi («tradimento», «perderemo molti voti», «dice mia nonna che era meglio arlecchino dell’arcobaleno», «peggio del simbolo del Pd»). Diliberto rassicura, i simboli originari dei partiti non sono scomparsi: «Falce e martello debbono restare».