Napoli, la zona rossa permanente

Il sindaco Rosa Russo Iervolino ha dichiarato: se il vertice Nato non si terrà a Napoli, “sarò sicuramente più tranquilla; in caso contrario sia chiaro: non voglio grate nelle strade della mia città, non voglio transenne né zone rosse” (Corriere della Sera, ieri 8 agosto). Una dichiarazione importante, da sindaco, assai diversa dallo stile provocatorio del governo. Certo che, anche se il vertice non dovesse tenersi a Napoli, un po’ meno tranquilla dovrebbe sentirsi la Iervolino se si rendesse conto di avere nella sua città (a Bagnoli) una “zona rossa” permanente, ferreamente transennata: il quartier generale delle Forze alleate del sud Europa (Afsouth), uno dei due comandi regionali del Comando alleato della Nato per l’Europa (Ace).
L'”area di responsabilità” dell’Afshouth, secondo i criteri della geografia Nato, include non solo l’intero Mediterraneo e la zona dell’Atlantico vicina allo Stretto di Gibilterra, ma il Mar Nero e il Mar d’Azov, su cui si affaccia la Russia. Sotto il suo controllo vi sono sei comandi subordinati.
Tra questi, il comando delle Forze aeree alleate del sud Europa (Airsouth), dotato di cacciabombardieri F-16 Fighting Falcon, Phantom F-4, Mirage F-1 e Tornado, e di sistemi missilistici superficie-aria. L’importanza dell’Airsouth è testimoniata dal fatto che il suo comandante, un tenente generale delle forze aeree statunitensi, ha diretto per 78 giorni (dal 24 marzo al 10 giugno 1999) l’operazione “Allied Force”, ossia la guerra contro la Jugoslavia in cui sono stati usati oltre mille aerei e decine di migliaia di bombe e missili. Successivamente l’Airsouth ha continuato ad esercitare il comando delle operazioni aeree nei Balcani.
Un altro comando che dipende dal quartier generale dell’Afsouth è quello delle Forze navali alleate del sud Europa (Navsouth), la cui responsabilità è stata affidata a un ammiraglio italiano a quattro stelle. All’attivo del Navsouth c’è l’operazione “Sharp Guard” di pattugliamento dell’Adriatico per esercitare il blocco contro la Jugoslavia prima dell’attacco finale.
Oltre ai sei comandi subordinati, dipendono dall’Afsouth le Forze navali di attacco e supporto del sud Europa (Strikforsouth), una forza di reazione rapida agli ordini di un ammiraglio a tre stelle della marina statunitense, lo stesso che comanda la Sesta flotta Usa nel Mediterraneo, attualmente composta di 17 navi da guerra con oltre 6mila marinai e marines. Compito dello Strikforsouth è quello della “proiezione di potenza marittima”, effettuata principalmente con portaerei e forze anfibie e da sbarco.
La struttura di comando dell’Afsouth ha un personale di 4.500 persone, tra militari e civili, agli ordini del Comandante in capo dell’Afsouth (Cincsouth), un ammiraglio a quattro stelle della marina statunitense, che detiene questo comando per diritto ereditario.
Il Comandante in capo delle Forze alleate del sud Europa è, allo stesso tempo, Comandante in capo delle Forze navali Usa in Europa (Cincusnaveur), ossia è inserito contemporaneamente in due catene di comando: quella della Nato e quella del Pentagono. Ciò significa che egli riceve direttamente gli ordini da Washington e che, nel caso in cui essi divergano dagli orientamenti degli alleati, è tenuto ad applicare comunque tali ordini. Non sembrano però esistere problemi con l’Italia: lo dimostra il fatto che il Cincsouth, nonché Cincusnaveur, è stato insignito, il 29 gennaio di quest’anno, dell’Ordine al merito della Repubblica italiana aggiungendo ai suoi titoli quello di grand’ufficiale.
Questa è dunque la situazione: il quartier generale delle Forze alleate del sud Europa, direttamente collegato alla catena di comando del Pentagono, gode di una effettiva extraterritorialità nei confronti non solo della città di Napoli ma del paese che lo ospita. Chi dubita di questo basta che ricordi come, il 24 marzo 1999, mentre il parlamento italiano ancora discuteva sulla opportunità o meno di un intervento armato contro la Jugoslavia, gli aerei agli ordini del comandante dell’Airsouth, subordinato all’Afsouth, a sua volta subordinato al Pentagono, già sganciavano le loro bombe sulla Jugoslavia.
Che la riunione dei ministri della difesa si tenga o no a Napoli, resta quindi, comunque, la “zona rossa” della Nato da cui è esclusa la nostra democrazia. Qui è insediato quel comando che, cinquant’anni fa, assunse come emblema lo scudo con impresso il Leone di San Marco (sic) con la zampa destra, poggiata su un libro aperto alla parola “Pax”, che impugna una spada. “Il Leone di San Marco, simbolo del potere, tiene aperto il libro della pace – spiegò nel 1951, all’inaugurazione dell’Afsouth, il comandante in capo statunitense (il primo della dinastia) – ma il leone tiene anche sguainata una spada per indicare la sua intenzione di mantenere la pace”. Mezzo secolo dopo lo scudo è diventato spaziale, ma l’emblema è rimasto lo stesso: simbolo del potere, garante con la spada della “Pax Americana”.