E’ forse ancora più mesto degli scorsi passati il Natale che si prepara a vivere Betlemme. Certo, non ci sono più i carri armati israeliani parcheggiati sulla Piazza della Mangiatoia, a poche decine di metri dalla chiesa della Natività, come nel 2002, ma la crisi economica è così profonda da aver gettato in una profonda depressione gli abitanti di questa città palestinese che vive soprattutto di turismo e di artigianato religioso.
«Le cose sono chiare – spiega Zoughbi Zoughbi, un consigliere comunale – Betlemme è una citta’ prigioniera da quando gli israeliani hanno ultimato il muro separandola da Gerusalemme. Si entra e si esce solo con il loro permesso e questo scoraggia anche i pellegrini cristiani e i turisti, non solo gli abitanti». Zoughbi riferisce che la costruzione del muro è avvenuta sul 18% dei terreni del distretto provinciale di Betlemme e che dopo il suo completamento una ottantina di negozi e supermarket hanno dovuto chiudere a causa del brusco calo del commercio. «La situazione procede di male in peggio e la povertà aumenta», aggiunge, sottolineando che il blocco dei finanziamenti internazionali all’Anp, attuato dai paesi occidentali dopo l’ascesa al potere di Hamas, ha lasciato molte centinaia di famiglie di Betlemme, Beit Sahur e Beit Jala senza reddito. Georgette Andraus, una studentessa universitaria, spiega bene la situazione di tante famiglie. «Quest’anno per il Natale mia madre mi regalerà solo un maglioncino. Non può fare di più, mio padre è un impiegato del ministero dell’interno e negli ultimi nove mesi è rimasto senza stipendio».
Centro cristiano tra i più importanti nel mondo, Betlemme oggi è popolata in maggioranza da musulmani. I palestinesi di fede cristiana rappresentano circa il 30% degli abitanti della città e il loro numero è in diminuzione soprattutto per la crisi economica, anche se qualche giornale e televisione europea o americana si diverte a spiegare che l’emigrazione è causata dalle «pressioni islamiche». Zoughbi Zoughbi non nega occasionali contrasti tra famiglie di fedi diverse ed episodi di intimidazione a danno di cristiani ma, aggiunge, «è sbagliato ingannare l’opinione pubblica mondiale, i problemi che spingono i cristiani di Betlemme a partire sono la disoccupazione, le condizioni di vita difficili, il muro. Chi ha parenti all’estero cerca di raggiungerli per ricostruirsi una esistenza più facile in un altro paese». Si deve tenere presente inoltre che l’amministrazione comunale – guidata da un cristiano, il medico del Fronte popolare Victor Batarseh (che si definisce un «catto-marxista») – è formata da esponenti di Hamas che, anche per ragioni di opportunità politica, fanno di tutto per attenuare i contrasti tra musulmani e cristiani ed apparire come garanti della sicurezza dei luoghi santi e delle istituzioni cristiane a Betlemme. Non sorprende perciò che, anche se islamico e in bolletta, il governo di Hamas abbia destinato per il Natale una somma di tutto rispetto – 38mila euro, più del doppio di quanto speso negli anni precedenti – per addobbare Betlemme.
Chi è spesso intervenuto per sollecitare i palestinesi cristiani a resistere, a non abbandonare la Terra Santa, è il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabah. Il suo messaggio natalizio del 20 dicembre ha fatto un quadro preciso e drammatico della condizione di Betlemme. «Anche quest’anno – ha detto – il Natale arriva a Betlemme nelle medesime circostanze di morte e frustrazione, con il muro e con gli sbarramenti sul terreno e nei cuori…la vita a Betlemme e dintorni è difficilissima da sopportare….quella che dovrebbe essere la città della pace, si trova disgraziatamente a essere proprio il contrario, la città della contesa e della morte».
Quanti turisti e pellegrini ci saranno oggi e domani sulla Piazza della Mangiatoria è la scommessa che tormenta il sindaco Batarseh, che nei giorni scorsi aveva invitato il mondo cristiano a dimostrare il proprio sostegno ai palestinesi visitando la città della Natività per le festività natalizie. «Abbiamo bisogno dell’aiuto dei cristiani – aveva esortato – con le limitazioni dei permessi israeliani, la disoccupazione ha toccato il 65% e ciò significa che la maggioranza della popolazione di Betlemme vive sotto la soglia di povertà. Presto l’amministrazione comunale non potrà più pagare i salari dei suoi impiegati». Il ministro del turismo, il cristiano Joudeh Morkos, non si fa troppe illusioni. «L’anno scorso per Natale sono arrivati a Betlemme solo circa 2.500 visitatori stranieri e non credo che saranno molti di più quest’anno. Contiamo sui pullman carichi di cristiani che affluiscono dalle città arabe di Israele”. Fino al 2000 Betlemme attirava piu’ di 90mila pellegrini al mese. Ora, solo poche migliaia hanno voglia di superare gli sbarramenti israeliani e visitarla.