Municipalizzate, il 70% in attivo

Le imprese dei servizi pubblici locali si presentano all’appuntamento con la nuova ondata liberalizzatrice in buona salute, ma con ampi margini di
miglioramento al loro interno.
I numeri di comparto sono positivi, e sono anche il frutto di un periodo di riposizionamento che ha visto gli operatori più grandi abbandonare investimenti finanziari volatili (in particolare le Tlc) e tornare a concentrarsi sul core business, secondo la migliore tradizione di questo settore.Ma un’indagine condotta da Confservizi per Il Sole-24 Ore sui risultati d’esercizio di 936 imprese, rappresentative del 90% del fatturato dei servizi pubblici locali, mostra che il segno più non riguarda solo i big. Nel 2005 (ultimo anno di cui sono già disponibili tutti i bilanci) hanno chiuso con un risultato positivo sette imprese su dieci, grazie anche a un aumento record (+37%) fatto segnare dagli utili di esercizio rispetto al 2004. I motori più potenti di questa evoluzione si trovano al Nord, sia in termini assoluti (61% delle imprese) sia quando si guarda ai risultati: nelle regioni settentrionali l’attivo riguarda infatti il 75% delle imprese, mentre nel Mezzogiorno chiude in nero solo un operatore su due. Le differenze territoriali nelle performance riflettono anche i diversi modelli gestionali messi in campo dalle aziende di servizio pubblico locale. Profitti e redditività – come mostra anche l’ultima edizione dell’Osservatorio Nomisma-Conservizi sulla competitività delle imprese di servizio pubblico locale – crescono insieme ai processi di aggregazione e di espansione delle attività, molto più decisi al Nord. Le imprese multiservizio vantano una redditività media pari a una volta e mezza quella delle monoservizio (5,1% di Roe contro 3,5%), e la classifica della redditività per aree geografiche premia Nordovest (5,7%) e Nordest (4,1%), mentre vede il Mezzogiorno fermo allo 0,2 per cento. A pesare sui risultati sono naturalmente anche la ricchezza e il tasso di industrializzazione dei territori, ma va sottolineato che le nuove liberalizzazioni disegnate dal Ddl Lanzillotta legano le scelte gestionali anche alle caratteristiche economiche dei territori.
Anche le analisi sul 2006 riportate nell’ultima indagine di Confservizi (a cui si riferiscono i grafici in pagina) confermano lo stato di salute del settore, che trova nell’energia e nel gas i settori di punta. Il valore della produzione è scattato nell’ultimo anno del 19,7%, superando nettamente la dinamica dei costi per addetto (+14,5%) e determinando un chiaro miglioramento del fatturato, che tocca i 36 miliardi (+19,1%, sempre in relazione agli addetti). Il campanello d’allarme suona però alla voce investimenti, che continua la sua flessione rispetto all’inizio del decennio e nel 2006 mostra in rapporto al fatturato una flessione dell’8,7 per cento.
Questo dato va letto alla luce dell’attuale incertezza normativa, che pone agli operatori qualche interrogativo in più quando si guarda ai programmi a lungo termine. La storia dell’ultimo decennio, passata in rassegna nell’analisi dell’area Economica di Confservizi, mostra del resto che i risultati migliori si hanno quando il quadro delle leggi è stabile; per gli operatori, quindi, è importante che le riforme, soprattutto quando vanno nella direzione sperata, diano certezze in fretta.
E invece una situazione di riferimento instabile riguarda proprio i due
settori più in sofferenza: il riordino del trasporto pubblico, che nel 2006 ha visto crescere i costi a fronte di una stasi del servizio erogato, è slittato ancora di un anno dopo l’approvazione del «milleproroghe», mentre per l’edilizia residenziale pubblica i numeri indicano una crisi strutturale, con gli investimenti che scendono ancora (-16% rispetto al 2001) e il fatturato che si mantiene a livelli lontani da quelli di inizio decennio.