Dalle indagini sulle lettere al carbonchio, che terrorizzarono l’America, salta fuori una notizia agghiacciante. La prova generale della guerra batteriologica fu in Rhodesia, contro i contadini neri in rivolta. E negli anni 40 veleni batteriologici furono irrorati nel metrò di New York.
Vi presento un personaggio degno di un film di spionaggio, tanto eccezionale che, se la sua esistenza (e le sue caratteristiche) non fossero documentate da un giornale serio come il Baltimore Sun, sembrerebbe uscito di sana pianta dalla penna di un Gérard de Villiers. Si chiama Steven J. Hatfill, ha 48 anni, è cresciuto in una cittadina dell’Illinois, Mattoon. È stato addestrato nelle forze speciali Usa, è un pilota, ma si è anche laureato in medicina, ha un master e un dottorato in biologia cellulare e si è specializzato in medicina sottomarina e aerea. Già questi scarni dati hanno dell’incredibile. Ma c’è molto di più. Hatfill si è laureato in medicina nello Zimbabwe (allora Rhodesia) e ha condotto ricerca scientifica e attività di addestramento nel campo del bioterrorismo. Ha passato 14 mesi nell’Antartide in una base come dottore e ricercatore. Ha ricevuto una formazione della Nazioni unite per diventare ispettore per le armi biologiche in Iraq, se il regime di Saddam Hussein accetta. Fino al 1999 ha lavorato al National Institutes of Health e a Fort Detrick, la massima installazione militare americana di ricerca e produzione di guerra biologica: il nome del centro è Us Army Medical Research Institute of Infectious Diseases (Usamriid) presso cui lavorano 125 scienziati a livello di dottorato di ricerca (l’altro laboratorio militare di guerra biologica è il Dugway Proving Ground, nello Utah, dove l’esercito Usa conduce test di equipaggiamento progettato per individuare armi biologiche e metodi di decontaminazione). Fort Detrick e Dugway sono le due installazioni militari in cui scienziati Usa manipolano bacilli di antrace. A Dugway producono antrace seccato (nella forma usata per le armi), a Detrick soluzioni di antrace umido: l’antrace era il batterio contenuto nelle lettere che tra ottobre e novembre scorso hanno sprofondato nel panico l’America, hanno causato la morte di cinque persone e provocato l’evacuazione della Camera dei rappresentanti degli Stati uniti. Da Fort Detrick, Hatfill fece una martellante campagna sui rischi di bioterrorismo: nel 1997 un editorialista, Fred Reed, del Washington Times scriveva: «Il dottor Hatfill, che ha familiarità con questi problemi, mi mostrò come allestire una coltura di batteri con materiale comprabile in qualunque supermercato». L’anno dopo Hatfill si fece fotografare dal magazine Insight mentre dimostrava «come un terrorista deciso potrebbe mettere su una coltura di agenti epidemici nella sua cucina usando ingredienti ed equipaggiamento protettivo a livello di supermercato».
Ancora più interessante è che Hatfill non solo è stato vaccinato contro l’antrace, ma dal 1999 e fino al marzo di quest’anno, ha lavorato negli uffici di McLean (Virginia) per la Science Applications International Corp. (Saic), un grande appaltante del Pentagono nel campo delle armi biologiche. Alla Saic, Hatfill contribuì a creare un laboratorio di simulazione di bioterrorismo da usare nelle esercitazioni di addestramento a Guam per i soldati del Comando Us Operazioni Speciali.
Più strabiliante di tutto è che nel 1999 Hatfill commissionò per la Saic uno studio che descrivesse un gli effetti e le modalità di attacco terroristico in cui una busta contenente antrace militarizzato viene aperta in un ufficio (esattamente quel che è avvenuto nell’autunno scorso). Lo studio fu redatto da un veterano del vecchio programma Usa di guerra biologica, considerato il massimo esperto del campo, William C. Patrick III, di cui Hatfill è ritenuto un protégé. Patrick creò uno scenario in cui venivano inseriti 2,5 grammi di spore di bacillus globigii, sostanza usata nelle simulazioni al posto del carbonchio. Ora, nelle lettere dell’autunno scorso la quantità di antrace fu stimata intorno ai 2,5 grammi.
Secondo il Baltimore Sun, nell’agosto del 2001 il Dipartimento della Difesa sospese a Hatfill la sua massima security clearence (l’accesso ai dati riservati) e non gliel’ha più restituita, ragion per cui nel marzo di quest’anno la Saic lo avrebbe licenziato.
Già nell’ottobre scorso, in piena isteria da antrace, quando i sospetti venivano virati sull’Iraq o su al Qaeda, la biochimica Barbara Hatch Rosenberg (che insegna scienze ambientali alla State University of New York e presiede la Federation of American Scientists, Fas) aveva affermato che era molto più probabile che gli attacchi venissero da «aree devianti» dell’apparato americano di guerre biologiche e aveva tracciato un identikid che somiglia moltissimo a Hatfill. Le coincidenze sono almeno conturbanti: quando era nell’allora Rhodesia, Hatfill viveva a poche miglia da una Scuola Greendale, come ha confermato alla Abc News un suo compagno di studi in medicina. E l’indirizzo del mittente di alcune lettere dello scorso autunno era proprio «Greendale School», con un indirizzo di fantasia nel New Jersey. Ma l’Fbi ha atteso fino a questo 26 giugno per perquisire l’appartamento di Hatfill che si trova proprio di fronte ai cancelli di Fort Detrick.
La biografia di Hatfill assomiglia perciò come una goccia d’acqua a quella del misterioso Mister Z di cui Nicholas D. Kristof ha scritto sul New York Times del 2 luglio in un cifrato editoriale dal titolo «La letargia dell’Fbi lascia libero il killer dell’antrace», sotto l’occhiello «Un mistero della sicurezza»: «Alcuni nella comunità della biodifesa pensano di conoscere un candidato (all’incriminazione per l’antrace), che io chiamerò Mister Z. Anche se l’Fbi ha eseguito test con la macchina della verità e ha perquisito due volte casa sua, e lo ha interrogato quattro volte, non lo ha mai posto sotto sorveglianza né ha mai chiesto ai suoi grafologi di paragonare la sua scrittura con quella delle lettere dell’antrace (…). Fin dall’ottobre scorso nel campo della biodifesa è stato fatto all’Fbi il nome di Z come possibile sospetto. Lui nega ogni misfatto e i suoi amici si dolgono per i sospetti contro un uomo che considerano un patriota. Alcuni suoi test alla macchina della verità mostrano evasività, sento dire, anche se può essere a causa del suo temperamento. Se Mr. Z fosse un arabo, sarebbe stato imprigionato da molto tempo. Ma lui è un vero americano con stretti legami con il Dipartimento della Difesa, la Cia e il programma di guerra biologica. D’altra parte, una volta è stato pizzicato con un’amica in una stanza calda di pericoli biologici a Fort Detrick, circondato solo da germi brulicanti».
Il sospetto che Hatfill sia il misterioso Mr. Z trova una conferma in quest’altra frase del Nyt: «Perché il nulla osta di massima sicurezza gli fu sospeso ad agosto, meno di un mese prima che cominciassero gli attacchi all’antrace?» – sospensione dovuta, lascia intendere l’editorialista, alla disavventura piccante e che però costituirebbe il motivo stesso dell’attacco: «Questa decisione lo infuriò». Un attacco inteso, in sostanza, a dimostrare la vulnerabilità americana, una sorta di esercitazione sul campo.
Ma, in forma di domande retoriche all’Fbi, l’editoriale del Nyt aggiunge su Mister Z (Hatfill?) informazioni ancora più inquietanti di quelle già conturbanti accumulate finora: «Sapete di quante identità e di quanti passaporti dispone Mr. Z? E state controllando i suoi spostamenti all’estero? A me risulta che dispone di almeno un’altra identità e che ha continuato a viaggiare all’estero su incarico governativo, persino in Asia centrale. (…). La Cia e le forze armate stanno collaborando pienamente con le indagini? Avete perquisito la residenza isolata a cui aveva accesso lo scorso autunno? L’Fbi sa di questo edificio e sa che Mr. Z dette del Cipro, un antibiotico usato per curare l’antrace, alle persone che vi si recavano. Questa proprietà e molte altre sono legalmente registrate a nome di un amico di Z, ma possono essere case sicure operate dai servizi Usa».
Risulta allora che Z (Hatfill?) l’uomo delle forze speciali, il pilota, lo scienziato, è chiaramente connesso con i servizi segreti, anzi tutto indica che sia un loro agente di spicco, tanto che continua ad andare in missione anche dopo che è tra i sospettati (particolarmente inquietante è il riferimento del Nyt alle missioni in Asia centrale e a quella casa sicura in cui distribuiva Cipro). Ma deve ancora arrivare la domanda che davvero fa drizzare i capelli: «Avete esaminato se Mr. Z ha legami con la più grande esplosione di antrace mai registrata tra gli umani, che contagiò più di 10.000 contadini neri nello Zimbabwe tra il 1978 e il 1980? Ci sono prove che l’antrace fu liberato dall’esercito bianco rhodesiano che combatteva contro la guerriglia nera. Mr. Z dice di essere stato membro in quell’esercito bianco dei temutissimi Selous Scouts: potrebbero elementi devianti dell’apparato militare americano aver sostenuto l’esercito rhodesiano negli attacchi all’antrace e al colera contro i neri?».
Questa serie di domande è sconvolgente. Non solo perché collima con l’informazione secondo cui Hatfill era in Rhodesia proprio in quegli anni (peraltro il Nyt aggiunge un’altra informazione: «Il curriculum di Mr. Z presenta un coinvolgimento nella ex Forza di Difesa Sudafricana»). Ma perché butta lì, con nonchalance, un’informazione che dovrebbe destare uno scandalo internazionale, provocare un’indagine dell’appena creata Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità; il presidente Usa George W. Bush sbandiera a ogni piè sospinto la minaccia di bioterrorismo contro gli americani. Ma finora per l’antrace sono morti solo cinque cittadini, e le loro morti vanno con ogni probabilità attribuite a scienziati Usa, anche se quasi certamente non sapremo mai chi è stato, né se il dottor Hatfill è innocente o colpevole. E francamente non è questo il punto. Tanto, il consulente numero uno nell’indagine sulle morti da antrace altri non è se non il protettore di Hatfill, quel William Patrick che aveva ideato lo scenario di un attacco con le buste, e che a 75 anni è stato cooptato nella task force delle indagini dopo essere stato sospettato e aver passato il lie-detector.
Ma qui ci viene detto che una guerra biologica è stata praticata in Africa a livello di massa contro innocenti contadini, non solo con l’antrace, ma anche con il colera, per aiutare un regime razzista contro un movimento di liberazione nero. Ci viene detto che il Dipartimento della Difesa Usa ha assunto, per lavorare in uno dei suoi più micidiali programmi di guerra batteriologica, un uomo che ha combattuto nelle forze di due regimi razzisti bianchi e che con ogni probabilità aveva già messo in atto attacchi biologici.
Tutto ciò fa impallidire ogni dietrologia. Sembra persino più ragionevole la paranoia dei neri americani, convintissimi del Grande Complotto (Masterplan) dei bianchi, che avrebbero diffuso crack e Aids per tagliare le gambe all’emancipazione degli afro-americani. Ma il dato più preoccupante è che il più autorevole, importante, grande giornale del mondo ha lasciato cadere queste informazioni in pagina interna, come allusioni, senza seguito, come fossero particolari marginali.
Tra il 1993 e il 1997 la stampa Usa rivelò che «negli anni `40 e all’inizio dei `50 gli Stati uniti hanno emesso volontariamente nell’ambiente grandi quantità di radiazioni nell’ambito di un programma mirante a sviluppare un’arma che uccidesse i soldati nemici con il semplice fall out». Allora ce ne furono 250, di simili esperimenti. Intere divisioni di coscritti furono mandate a fare esercitazioni vicino al luogo dove erano scoppiate le bombe per vedere «che effetto fa» e compiere uno screening di massa. In alcuni esperimenti furono persino volatilizzati agenti chimici e batteriologici nella metropolitana di New York. Quest’ultima è una notizia enorme, pazzesca: un «governo democratico» che innaffia di virus e agenti chimici i suoi ignari cittadini che viaggiano in metro a New York (forse per questo gli americani hanno tanta antipatia per i trasporti pubblici): pensate se lo avesse fatto Stalin nella metropolitana di Mosca (non sapremo mai se lo fece davvero). Avrebbe fatto scoppiare uno scandalo mondiale. E invece questa notizia giaceva nelle pagine interne e non suscitò nessuna eco: all’epoca i media pensavano solo alla fellatio di Monica Lewinski al presidente Bill Clinton. Oggi, nelle priorità del sistema informativo Usa, la rivelazione che gli Stati uniti aiutarono a scatenare un’offensiva del terrore biologico in Rhodesia contro i movimenti neri ha meno rilevanza dello stato di salute di Spot, la cagnetta spaniel del presidente Bush.