Nell’ambito del suo giro di visite in Asia, il ministro degli affari esteri della Russia, Igor Ivanov, avrà colloqui, domenica prossima, a Delhi, e, in seguito a Kabul. Il susseguirsi delle due visite non è casuale: sia la Russia che l’India hanno tradizionalmente interessi comuni nella regione. Inoltre, oggi, entrambi i paesi sono interessati a che l’Afghanistan e, naturalmente, il Pakistan, cessino, una volta per tutte, di rappresentare il focolaio del terrorismo e possano venire inclusi in un sistema regionale di sicurezza.
Su tale questione India e Russia hanno un’intesa perfetta. Gli indiani combattono da alcuni decenni contro il terrorismo islamico, che ha le sue basi sul territorio pakistano. In seguito è diventato l’Afghanistan l’avamposto, da cui i terroristi hanno avviato una virulenta campagna in Asia Centrale e in Russia. Fino ad oggi, Mosca e Delhi hanno avuto non poche difficoltà a spiegare agli americani e agli europei occidentali che le azioni di India e Russia avevano fondamenti legali. Solo quando il colpo è stato sferrato al cuore dell’America, hanno avuto inizio radicali azioni antiterroristiche internazionali.
Il tentativo di attacco al parlamento indiano, condotto nel dicembre scorso dai terroristi islamici, ha rafforzato la preoccupazione circa la possibilità dello scatenamento di una guerra tra Delhi e Islamabad. In seguito le assicurazioni del presidente del Pakistan, circa le intenzioni di non consentire ai combattenti l’utilizzo del territorio del suo paese, hanno allentato la tensione al confine tra i due stati. In India affermano che la riconciliazione sarà possibile, se il leader pakistano terrà effettivamente fede alle sue promesse. In Pakistan hanno chiesto l’aiuto di alcuni paesi – tra cui la Russia – perché agiscano come intermediari nella ricerca di ulteriori contatti con l’India.
Quando Nadzhimuddin Sheich, inviato del presidente pakistano, ha affrontato, pochi giorni fa, questo tema a Mosca, gli è stato detto: i finanziamenti ai terroristi in Cecenia provenivano dal vostro territorio, i fondi e le scuole religiose hanno sostenuto gli estremisti ceceni e dell’Asia Centrale, esattamente come i terroristi del Kashmir, che costituiscono una minaccia per l’India. Ma, poiché le odierne affermazioni del vostro presidente soddisfano Mosca (e Delhi), e poiché noi tutti siamo interessati a che alle promesse rispondano i fatti, allora la diplomazia russa presterà tutto l’aiuto necessario a garantire la pace e la comprensione reciproca tra India e Pakistan.
Per questa ragione Igor Ivanov, nel corso della sua visita a Delhi, cercherà di accelerare il processo di distensione tra i due vicini.
Anche il tema della collaborazione con il nuovo Afghanistan è nell’agenda del ministro. Si può affermare che a Delhi e a Kabul Igor Ivanov evidenzierà la necessità che il coordinamento degli aiuti all’Afghanistan dovrà essere saldamente sotto il controllo dell’ONU. Una formula dai contorni molto concreti. Il fatto è che, oggi, nel paese si è sviluppata una situazione incomprensibile. Ad esempio, ci sono 4.000 soldati americani, che stanno compiendo operazioni contro il regime dei “talebani”. Il loro status è definito in modo non molto chiaro, e i tempi della loro partenza non sono noti. E c’è un contingente di 3.000 componenti il corpo di pace, che agisce sotto l’egida dell’ONU, il cui ruolo, al contrario, è assolutamente chiaro. Ai tempi della sua visita negli USA, il nuovo primo ministro afghano Karzai ha proposto agli americani di unirsi al corpo di pace dell’ONU, ricevendone un rifiuto.
E ciò avviene in un contesto, nel quale, nei circoli politici europei sembra affermarsi sempre più la delusione rispetto alla situazione afghana nel suo complesso e il timore di venire eccessivamente coinvolti negli affari di questo paese. Del resto, ancora è poco chiaro come dividere gli 1,8 miliardi di dollari già stanziati per decisione della conferenza di Tokyo. Gli europei, così come gli americani, che non dispongono di esperienza e di antichi legami in questa regione, non capiscono ancora bene come comportarsi in tale situazione.
Ma ci sono stati che aiutano l’Afghanistan, e che non hanno aspettato la messa in funzione dell’iniziativa di Tokyo e degli altri meccanismi dell’ONU. Sono paesi dotati di un collaudato sistema di relazioni con l’Afghanistan. In particolare l’India, con una comunità di mezzo milione di afghani, e la Russia, dove vivono circa 300.000 afghani.
L’India, fin dal primo momento, si è attivata per inviare medicinali, ha aperto ospedali, ha fornito generi di prima necessità. La Russia, in sostanza, fa la stessa cosa. Inoltre il nostro paese occupa il primo posto al mondo per il sostegno concreto all’Afghanistan, avendo fornito più di 10.000 tonnellate di merci, aprendo il tunnel di Salang, costruendo l’ospedale “MCS”, e altro ancora.
Ora si rende evidente che i russi possono ricevere in Afghanistan un vantaggio economico dai progetti internazionali di sviluppo. Ad esempio, fino ad ora non hanno trovate concorrenza sulle accidentate strade del paese le russe KAMAZ. Tra i primissimi progetti, necessari per ristabilire una vita normale a Kabul, c’è la rimessa in funzione del panificio, dei kombinat edilizio e automobilistico, e dei “cantieri della pace” noti fin dai tempi sovietici. Senza questi cantieri la capitale semplicemente non potrebbe esistere. E la fornitura di energia elettrica nel nord del paese può essere fornita in virtù dei vecchi progetti “GES” in Tagikistan, fin dai tempi dell’Unione Sovietica.
Finora la realizzazione di tali progetti rappresenta solo una prospettiva. Ma è assolutamente escluso che sia Mosca che Delhi interrompano la loro iniziativa in direzione dell’Afghanistan. Anche perché, se nella regione si profilasse un nuovo pericolo “talebano”, le prime vittime sarebbero di nuovo la Russia, l’India e l’Asia Centrale.
Traduzione dal russo
di Mauro Gemma