«Morti sul lavoro, si muova l’impresa»

«Purtroppo gli incidenti sul lavoro hanno raggiunto limiti intollerabili». «Bisogna che anche dal mondo dell’impresa venga un messaggio. Non è soltanto il capriccio di qualche politico o del presidente della Repubblica». Il presidente Giorgio Napolitano, parlando ieri ai lavoratori della Ducati di Bologna, è tornato ancora una volta sulla piaga delle morti bianche. E questa volta ha immesso nel dibattito un tema «inedito», parlando direttamente alle imprese e interrogando i datori di lavoro sulle loro responsabilità: «E’ interesse generale del paese, lo chiede la società italiana che si apra un fecondo confronto politico – ha concluso il presidente – Occorrono leggi e controllo dello Stato, ma soprattutto il controllo delle imprese, dei loro dirigenti, dei lavoratori e dei loro rappresentanti». Intanto ieri a Trento l’ennesima morte sul lavoro: un operaio polacco di 53 anni, Stanislav Gradalski, è morto investito dal carrello di una gru, a causa del cedimento di una catena legata a un autotreno: l’operaio stava spostando il convoglio all’interno dell’area della sua ditta, la «costruzioni Garbari» di Spini di Gardolo.
Del problema delle morti bianche abbiamo parlato con Dino Tibaldi (Pdci), vicepresidente della Commissione Infortuni sul lavoro del Senato. La Commissione è stata messa in piedi dall’attuale legislatura dopo un’esistenza un po’ grama nel corso del governo Berlusconi (era durata poco e sostanzialmente non aveva dato risultati): è divisa in vari gruppi di lavoro, dall’edilizia alle malattie professionali, dall’agricoltura agli infortuni domestici, fino alle piccole e medie imprese; sta ultimando i sopralluoghi e le audizioni e la settimana prossima dovrebbe approvare la prima Relazione. «Riteniamo positive le prime misure varate dal governo contro il lavoro nero e abbiamo salutato positivamente l’elaborazione di un Testo unico sulla salute e sicurezza, anche se personalmente penso che tutta l’attenzione non vada riposta sul Testo, per il semplice fatto che prima di vederlo ultimato e approvato passano almeno due anni», spiega Tibaldi. «Comunque nella Relazione metteremo in evidenza due temi su cui crediamo che il governo si dovrebbe impegnare: 1) coordinare al più presto, a livello nazionale e poi anche regionale, tutti gli enti competenti e i servizi ispettivi: dal ministero del Lavoro a quello della Salute, i dipartimenti prevenzione Asl, l’Inail, l’Inps, l’Ispesl, le prefetture. Si dovrebbe agire di concerto per non sovrapporre le ispezioni e non lasciare lacune; 2) bisogna concordare con la Conferenza Stato-Regioni che il 5% della spesa sanitaria che ogni Regione deve destinare alla prevenzione, sia definito per voci: oggi la prevenzione Asl ha bilanci indistinti, dall’ambiente ai lavoratori, mentre si deve dedicare una somma precisa – io dico la metà di quel 5% – al lavoro».
Tibaldi nota anche un pregio e un grave difetto della finanziaria: «Bene che i premi Inail siano riservati alle imprese virtuose, ma è malissimo che le aziende che emergono dal nero vengano esentate per un anno dai controlli sulla sicurezza. Così si premiano a danno dei lavoratori. Al contrario, chi è irregolare o non applica la 626 dovrebbe perdere i benefici pubblici». Sul Testo unico: «Va rafforzato il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza, creando anche degli Rls con “giurisdizione” territoriale: la gran parte degli infortuni, infatti, avviene nelle piccole imprese, dove manca non solo il rappresentante dei lavoratori, ma lo stesso sindacato».