Morire per un altoforno

Mihai Barbascu e Georghe Bala avevano 32 e 31 anni. Erano rumeni. Lavoravano alla fonderia Anselmi di Camposampiero (in provincia di Padova), ma erano dipendenti di un’azienda esterna. I due operai effettuavano una manutenzione ad uno dei quattro altoforni dell’azienda. Lavoro che, in condizioni normali, sarebbe dovuto avvenire a forni vuoti, da persone con una formazione adeguata. Secondo le prime ricostruzioni dei colleghi, quando Barbascu e Bala hanno cominciato a lavorare, quel forno era ancora attivo. Si era prodotto un tappo formato dalle impurità della ghisa colata. Una volta rotto, il tappo sarebbe caduto nella ghisa fusa (1500 gradi) che è schizzata investendo in pieno Georghe Bala, morto all’istante. Il suo collega, Mihai Barbascu, aveva ustioni di terzo grado sul 100% del corpo. Non ce l’ha fatta. È spirato ieri mattina. Altri tre operai sono stati ricoverati in ospedale. In stato di choc, intossicati dai fumi.
Le biografie dei due giovani operai romeni non sono molto diverse da quelle dei tanti, troppi, che in questi mesi si sono susseguite sulle pagine dei giornali. Purtroppo sempre legate ad incidenti sul lavoro. Gli operai della fonderia Anselmi, in sciopero dal momento dell’incidente, fino a tutto ieri, hanno ricordato in assemblea che i due lavoratori erano da poco in Italia. Erano dipendenti di una ditta d’appalto. Regolari, ma precari. Perché, come spiega il responsabile della Fiom di Camposampiero, Antonio Silvestri, «in queste ditte se i lavoratori non vanno bene vengono sostituiti». E così accettano qualunque tipo di lavoro, qualunque orario. Pur di riuscire a mantenere il posto di lavoro tanto cercato. Georghe Bala lascia la moglie e due figli. Mihai Barbascu lascia la fidanzata. I colleghi della fonderia hanno deciso di devolvere ai familiari quattro ore del loro salario. E la Fiom si costituirà parte civile. «Ma la cosa più angosciante – dice ancora Silvestri – è il fatto che questi incidenti sono preventivabili e quindi possono essere evitati». L’assemblea di ieri alla fonderia (dove lavorano 250 operai) si è svolta in un clima surreale. «C’è scoramento tra i lavoratori, che sono sconvolti ma anche arrabbiati», dice Silvestri. A Padova dall’inizio dell’anno ci sono stati cinque incidenti sul lavoro mortali.
«È una strage – dice Patrizio Tonon, segretario regionale della Cgil -. Il dato del 2006 sugli infortuni mortali vede un peggioramento consistente rispetto al 2005. E i primi tre mesi del 2007 confermano purtroppo questo trend». Nel 2005 gli infortuni in Veneto sono stati 105.662. Nel 2006 il numero è stato identico. Ma gli 87 infortuni mortali del 2005 sono diventati 108 nel 2006. Le province che hanno registrato un drammatico aumento nel numero di morti bianche sono state quella di Venezia (11 morti nel 2005, ben 20 nel 2006), Rovigo (3 nel 2005, 8 nel 2006) e Verona (18 nel 2005, 24 nel 2006). L’edilizia è un settore sempre molto esposto, ma il maggior numero di incidenti mortali avvenuti in regione dallo scorso giugno riguarda l’industria metalmeccanica. «È evidente – sottolinea Tonon – che la situazione, per via della precarizzazione del lavoro, dell’aumento della forza lavoro immigrata, dell’invecchiamento di ampi settori del mondo del lavoro tradizionale si sta facendo particolarmente critica ed è evidente che occorre una nuova qualità dell’intervento e delle azioni di prevenzione». Che significa per Tonon la necessità di aprire un confronto anche molto duro con gli industriali del Veneto.
Ma c’è un altro dato preoccupante e riguarda l’organico degli Spisal (gli ispettori), che in Veneto sono 202 tra medici e tecnici. Un numero ridicolo visto che le imprese sono oltre 350mila e i lavoratori 1 milione e 600mila. «Le responsabilità sono chiare e precise – insiste Tonon -. Non si può fare una politica della prevenzione con operazioni di facciata senza incidere veramente sulla vigilanza e sulla repressione nei confronti di chi non applica le leggi risparmiando sulla salute dei lavoratori». Ora la Cgil sta lavorando per costruire una mobilitazione generale regionale. E ieri la Fiom nazionale, con il suo segretario Giorgio Cremaschi, ha confermato che «di fronte a questa continua strage, impegneremo tutte le nostre organizzazioni a non lasciare nulla di intentato, sul piano sindacale e legale, per difendere la salute dei lavoratori. Occorre che i responsabili paghino di fronte alla legge e che le aziende siano messe in condizione di operare senza minacciare continuamente la salute e la vita delle persone».