Montezemolo la gattamorta

E’ sembrato più cauto Romano Prodi nell’ultima uscita in tv (intervistato dal direttore del Tg1 Gianni Riotta) sul tema «riforme», per quanto riguarda le pensioni. Che restano questione importante ma non più urgentissima «priorità», par di capire. Qualcosa infatti si è messo di mezzo a spezzare la sequenza lineare, ancorché non tranquilla, dalla fase 1 alla fase 2, che il governo aveva immaginato: la contestazione, i «fischi di Mirafiori».
L’evento, significativamente inatteso per gli stessi leader sindacali, che ritenevano di essere i benvenuti tra gli operai della Fiat, li ha resi molto meno disponibili alle speranze del governo – come hanno fatto sapere a Prodi. Così, se le pensioni certo non spariranno dall’«agenda», l’urgenza al momento sembra allentarsi. Ma questo può indicare che l’accanimento riformatore si scaricherà sulle altre materie di «confronto», ossia sul «lavoro»: orari, salari, contratti.
Non si capisce per la verità come il governo possa imbandire un tavolo cui far sedere le «parti sociali», quando il mondo delle imprese ha chiarito a parole – e persegue nei fatti l’obiettivo già nello scontro sul contratto dei giornalisti – che la precarietà non solo non va limitata ma va estesa. E che perciò non c’è da cambiare alcuna «regola», a partire dall’intangibilità della legge 30 : «La legge Biagi non si tocca».
Una posizione puramente ideologica – giacché a livello internazionale è iniziata da tempo una riflessione autocritica (persino da parte del Fondo monetario) sul rischio che una «eccessiva precarietà» del lavoro comporta per la capacità di «competere» delle imprese – adagiate a speculare sui bassi costi invece che spendere per l’«imprescindibile innovazione».
La Confindustria è disposta a trascinare tutti in uno scontro ideologico – non più suffragato da quei sostegni «oggettivi», «scientifici», cui si appella costantemente il suo attuale presidente? Luca Cordero di Montezemolo è accreditato, senza prove, di propensioni razionali, moderate – diverse da quelle del suo predecessore Antonio D’Amato, che sotto il regno di Berlusconi ingaggiò per l’appunto la guerra ideologica sull’«art.18 » per avere mano libera sui licenziamenti.
Ma il credito si basa semplicemente sulla convinzione di Montezemolo di poter ottenere da questo governo, e dai sindacati, una disponibilità a trattare sul suo terreno – forse in base al vecchio assunto – non smentito – che è più facile a una compagine di centrosinistra far digerire costi sociali che non a un governo di destra.
Se questo non si avverasse, possiamo essere sicuri che l’«ideologia» infiammerà anche le sue azioni, come per altro già ispira la pretesa della Confindustria di avere potere totale, «unilaterale», sugli orari di lavoro nelle aziende: che pure fin qui soggiacciono a una fitta contrattazione sindacale , del cui esito spesso gli imprenditori non possono certo lamentarsi.
Le stesse premesse sono in gioco nel «confronto» per cambiare il modello contrattuale: la «riforma» caldeggiata da ultimo da Padoa Schioppa. Anche qui è chiaro l’intendimento padronale: svuotare il contratto nazionale, che fin qui garantisce un minimo di base uguale per donne e uomini al lavoro in situazioni diverse per diverso potere: che sia la collocazione territoriale o la dimensione aziendale grande o piccola, in cui si trovano a prestare opera. L’obiettivo è differenziare i salari, smantellare questa elementare garanzia egualitaria.
Non è singolare perciò, in questo contesto, che Montezemolo si sia tanto scaldato su i provvedimenti del governo italiano che minaccerebbero la «crescita, e molto meno con il governatore della Banca centrale europea Trichet, che ha appena rialzato i tassi di interesse, e si prevede li rialzerà ancora a inizio 2007. Parrebbe un danno, questo, per le imprese europee, e pretestuosa la motivazione della Bce: una «lotta al l’inflazione» – ferma attorno al 2% nella zona euro.
In realtà c’è una ragione di sostanza nel ‘pretesto’ della Bce, come ha subito notato più di un economista a livello internazionale (e in Italia, con un’analisi perspicua, Antonio Lettieri sulla rivista on line «Eguaglianza e libertà»). «Inflazione», infatti, indica che la Bce si appresta a combattere eventuali aumenti dei salari in Europa, con l’occhio fisso al sindacato metalmeccnaico tedesco che potrebbe innescare la «spirale»: la Ig Metall infatti, dopo anni di perdita del potere d’acquisto dei salari, annuncia che chiederà nel contratto aumenti fra il 5 e l’8 per cento.