Dopo innumerevoli demenze subcorticali, infarti pilotati e resurrezioni miracolose, Pinochet, finalmente, è morto. Forse questo è il vero miracolo.
Un miracolo che lascia l’amaro in bocca. Perché il generale, con la sua ultima fuga, è riuscito a sfuggire alla giustizia degli uomini. E quella del suo dio, ammesso che voglia perdonarlo e che bastino le preci del cardinale Errazuriz perché tenga conto «solo del bene che ha fatto», non può bastare.
I suoi crimini sono ora per i libri di storia. Togliendosi di torno, ha vinto ancora. Aveva vinto l’11 settembre del ’73, tradendo Allende, ha vinto il 10 dicembre del 2006, morendo. Senza mai avere ricevuto una condanna penale per le 300 cause – assassinii, torture e ruberie – che gli pendevano addosso.
E’ vero che, dopo 30 anni la figura di Allende giganteggia e che lui sarà ricordato come uno dei tanti gorilla che hanno insanguinato l’America latina.
Ma è troppo poco e troppo tardi per uno che, nonostante i «soli» 3 mila morti e i 30 mila torturati che aveva sulla coscienza, era irresistibilmente identificato come uno dei massimi simboli del male della seconda metà del ‘900.
Troppo poco e troppo tardi perché non è vero che «fortunatamente la sua opera sarà sepolta con lui», come ha detto il ministro Massimo D’Alema. E ancor meno vero che la decisione di rimandarlo da Londra a Santiago, nel marzo del 2000, fu presa, come ha detto l’ex ministro laburista inglese Jack Straw, perché potesse essere giudicato in Cile.
Pinochet oggi sarà sepolto ma il pinochettismo è vivo e vegeto, e l’economia cilena forgiata a ferro e fuoco dal generale e dai suoi Chicago boys, è un modello che ha fatto scuola per i successivi governi democratici (di centro-sinistra) e per l’America latina infestata ora da «populisti» tipo Chavez, Morales, Lula e Kirchner. Il Cile è ancora e sempre un paese classista dalle iniquità scandalose.
Pinochet in Cile è stato giudicato, ma mai condannato da un tribunale. I giudici hanno già annunciato la fine delle indagini a suo carico: «archiviate per morte dell’imputato». Amen.
La sua morte è un sollievo per molti. Troppi. La destra politica e i militari che cercano di rifarsi una verginità, il governo socialisti-democristiani che non ha trovato il suo Kirchner e si è rifugiato dietro la foglia di fico delle esequie militari e non di stato. In Cile giustizia non è stata fatta, Pinochet è morto ma ha vinto la sua ultima battaglia.