Il prezzo della benzina in Italia ha toccato un massimo, superando di slancio le 2200 lire al litro. Le cause sono note. Il dollaro non è mai stato così caro e il petrolio è pagato in dollari; il prezzo di riferimento del grezzo che sta tornando decisamente in alto. Il cartello sostanziale tra le compagnie italiane funziona a meraviglia; e compagnie di bandiera che difendano il potere d’acquisto dei connazionali non ce ne è più. Meno peso viene invece assegnato al problema palestinese, ai rischi di un’estensione del conflitto. E’ un problema poco sentito per i potentati della regione, assai più coinvolti in un’altra questione che essi sentono come propria. Si tratta della scarsità di benzina, negli Usa, attuale e per l’estate, che per effetto di imitazione (o di effettiva riduzione di offerta e di scorte) spinge al rialzo il prezzo della benzina nel resto dei paesi ad alta motorizzazione. Sotto incerti presagi si prepara la riunione dell’Opec.
La riunione è prevista per il 5 giugno, ma l’orientamento che sembra fin d’ora prevalente tra i maggiori dignitari dell’Opec è quello di non aumentare la produzione del loro bene. Il prezzo negli ultimi giorni ha sfiorato i 30 dollari al barile, quindi sarebbe ben al di sopra del limite alto consentito. L’Opec infatti ha deciso nel 1999 di intervenire ogni volta che il prezzo del petrolio quoti per venti giorni consecutivi sopra i 28 dollari o sotto i 22; l’intervento consiste nell’aumento della produzione dei paesi del cartello, per far rientrare il prezzo nella forchetta preventivata, oppure nel taglio di offerta per spingere il prezzo verso l’alto.
Questa volta all’Opec non pensano che sia la scarsità di offerta di grezzo a far salire il prezzo, ma piuttosto la scarsità di offerta di benzina negli Usa che avrebbe un effetto di retroazione: spingere la speculazione al rialzo anche sul petrolio. Negli Usa si soffre molto per l’alto prezzo della benzina alla pompa che ha raggiunto 1,069 dollari al gallone (un gallone equivale a 3,786 litri) quanto a dire poco sopra le 620 lire al litro. A noi europei sembra assai poco, ma è anche cinquecento lire al gallone più dell’anno scorso, con un aumento prossimo al 13%.
Negli Usa sono in molti a soffrirne, a essere esasperati. Il Wall Street Journal cita il senatore Herb Kohl: “l’azione dell’Opec è una tassa silenziosa che sottrae agli americani quattrini guadagnati con il sudore della fronte ogni volta che fanno visita alla pompa della benzina”. Una parte del mondo politico negli Usa, a partire dal vice presidente di Bush, Dick Cheney la pensa diversamente. Cheney difende l’Opec: assicura che non è il cartello dei paesi produttori a spingere in alto il prezzo della benzina e aggiunge che se si forzasse l’Opec ad abbassare il prezzo, non si raggiungerebbe la stabilità dei prezzi, ma se ne aumenterebbe la volatilità.
Cheney ha in mente un grandioso progetto per il sistema energetico negli Usa e colloca le pompe di benzina all’interno dell’insieme; nella sua visione arriva a paragonare la rete di gasdotti, oleodotti ed elettrodotti che faranno circolare elettricità, petrolio, gas e benzine negli Usa al famoso piano autostradale di Eisenhower. Così è indispensabile togliere di mezzo ogni barriera statale, ogni preclusione ambientale, ogni pensiero di risparmio energetico. Così l’effetto serra è solo un’opinione.