Eravamo in tanti l’altra sera nel “Cantiere” occupato. Si discuteva di Milano Social Forum. Un “laboratorio” in progettazione, per ora. C’erano proprio tutti i soggetti: dal Leoncavallo alla Fiom, dai Cobas a Lilliput, dal Punto Rosso a, ovviamente, Rifondazione e i Giovani Comunisti – che hanno animato, anche in pieno agosto, le manifestazioni contro la globalizzazione e che saranno nelle iniziative, quella contemporanea al vertice Fao e, a Napoli, contro la Nato. Genova ha fatto scattare la scintilla. Questo è il punto. Per davvero si respira aria nuova. C’è, in tutti, questa percezione. Allora, sullo slancio, proviamo anche a Milano, a calare radici nel territorio. Un primo passo concreto verso il Milano Social Forum (Msf), appunto. Il prossimo 15 settembre, in un incontro più approfondito, misureremo lo “stato dell’arte” del lavoro lanciato l’altra sera, ma preparato per mesi e mesi. Con decisione, ma senza forzature. Perché si tratta di una operazione importante, ma complessa. Importante è offrire, in questo momento, un alveo ampio ai tanti percorsi dei tanti soggetti di una lotta che vuole avere una prospettiva, non solo vincolata agli eventi grandi di una agenda scritta da altri. Finora questa è stata la forza del movimento: la replica. L’idea oggi è invece la dislocazione sul territorio dei valori, ma dello stesso patto antiliberista che ha sorretto le iniziative forti di questi mesi. C’è l’intuizione di questa necessità. Ci sono grandi aspettative, e fondate, perché dovesse configurarsi e reggere la coppia – grandi momenti nazionali e internazionali, e lotta antiliberista agli effetti della globalizzazione traslati su un’area data, una metropoli in questo caso – se regge, il pericolo della dissolvenza di questa straordinaria novità di movimento (dopo Genova c’è anche questo rischio) potrebbe essere esorcizzato. Lavoriamo per questo. Ma l’operazione è, appunto, assai complessa. Occorrono perciò talune accortezze, non più nel campo del “Se fare” ma del “Come stare insieme” in questo campo. E Milano non può sbagliare. Sarebbe utile, pertanto, che: 1) Il movimento e, quindi, il MSF non venga sovraccaricato di temi ai quali non riesca poi a far fronte, per la natura stessa del movimento. Milano è, oltretutto, la città dell’irrisolto, anche perché qui la crisi della sinistra si accompagna con l’investimento che fanno le destre sulla città. Ci sono problemi Ð dalla precarizzazione alle aree dismesse Ð che, elencati e non affrontati, ci caricherebbero di successive frustrazioni. 2) Nel movimento, e nel MSF che comincia a delinearsi, prenda forza la capacità di ascolto e perda forza la reciprocità dei veti. Sono per lavorare per successive aggregazioni e disattivare le competizioni di sigla. La competizione sia, invece, solo sulle idee. Su questa competizione di merito si regge; sul conflitto di sigla si implode. 3) Nessuno ha la verità in tasca. Ognuno porti, nelle cose, la sua cultura. Questa potrebbe può essere la ricchezza, potenzialmente. Taluni sostengono, e non a torto, che il Partito sia, tuttora, la forma più alta della democrazia partecipata, l’unico in grado di dare voce agli sfruttati, in questa fase di una lotta di classe che il padronato non ha mai dismesso. Anzi. Vedo però, che nel movimento e sui partiti, altri la pensano diversamente. È un già visto. Ma, con pazienza, ritessiamo la tela. Aspettiamo, coltiviamo la crescita della consapevolezza. Discutiamo. Scambiamoci esperienze. Ciò detto ho colto in queste settimane un elemento che, per Milano (e il MSF), può costituire, se sviluppato, valore aggiunto e prospettiva per il movimento, articolato e vario com’è. L’elemento è dato da quella saldatura, pur incompiuta, che, con Genova, si è venuta ad annunciare tra una nuova generazione – quella che ha cominciato a lottare contro transnazionali, liberismo, imperialismo e guerra – e una nuova generazione di operai, oggi senza tradizioni, che ha cominciato a lottare per il salario e la dignità e, quindi, contro precarizzazione e flessibilità e, in modo indotto, contro la concertazione. Questi operai, magari, non sanno nulla della FIOM che, però, con grande intuizione dopo 100 anni di vita, dà loro voce e li mette in contatto con quegli altri giovani che (forse) non sanno nulla dei comunisti che, a loro volta con grande intuizione, da tempo lavorano per la crescita del movimento. Ora accenniamo al punto che può diventare opzione strategica del MSF (che sarà). Strategica perché Milano è il luogo, unico in Italia, in cui la saldatura o il suo opposto possono determinarsi, per davvero, sul territorio. Milano è il luogo in cui la nuova generazione, che oggi lotta contro la globalizzazione e lotta per altri consumi, si può connettere con la lotta di quanti, dal salario alla dignità, possono passare alla lotta per un nuovo modo di produrre e, quindi, pensare a prodotti funzionali agli “altri consumi”. E’ la riscoperta, attualizzata, del Gramsci di “Americanismo e fordismo”, da riscrivere nelle lotte di questa stagione. Questa connessione, tuttora potenziale (questa è la discussione fondamentale) esiga esattamente l’opposto del sistema scolastico e formativo che questo Governo, anticipato in verità dal precedente, persegue. E siamo al concreto, siamo nell’agenda dell’MSF alla reale priorità dell’autunno: la scuola e la formazione. A questo dobbiamo fare fronte subito. La questione perciò riguarda i due soggetti, di un blocco sociale che di per sè opera per la trasformazione (qui il salto dal movimento al Partito) e che già animano il movimento: i giovani studenti e i giovani operai. Milano perché? E perché il MSF non può sbagliare a Milano? Perché questa metropoli è il luogo in cui le trasnazionali hanno aperto i loro sportelli per l’Italia (e per l’Europa); perché le fabbriche qui sono state tutte sventrate e restano solo come marchio, in quanto il lavoro si è polverizzato per il mondo inseguendo la mediocrità del suo costo; perché tutti quanti se ieri lavoravano collettivamente, oggi lo fanno soggettivamente, ma senza diritti e sovrastati dalle agenzie (trasnazionali) del lavoro interinale; perché la scuola prepara, anche antropologicamente, gli operai e i tecnici del domani ma quale duttile creta molle da modellare sui voleri del padronato. Milano è oggi la cattedrale europea della globalizzazione. Un Social Forum a Milano viene collocato sul nervo scoperto del conflitto capitale lavoro. Che fare? Il Msf si proponga allora una prospettiva: un progetto di “globaliberazione”. Con l’Msf abbiamo in mano una grande carta che, dentro una situazione diventata interessantissima, noi dobbiamo giocare al meglio.
* Segretario Federazione Prc Milano