Uno sciopero tanto importante quanto difficile è quello che fanno oggi i metalmeccanici in tutta Italia. Importante perché dopo mesi di inutile negoziato, i lavoratori scendono in lotta contro il muro di no degli industriali. Difficile perché in tante fabbriche i metalmeccanici sono di fronte all’attacco all’occupazione, e ai loro diritti fondamentali. E anche perché, proprio con il motivo della crisi torna insidiosa in campo la politica dello scambio e della concertazione.
Ad essa sempre più chiaramente si ispirano innanzitutto le posizioni della Federmeccanica. Gli industriali hanno risposto alla ragionevolissima richiesta sindacale di 130 euro, con meno di 60 euro. Hanno spiegato che questo danno le regole del 23 luglio. Poi però hanno aggiunto che si può andare oltre quelle regole, purché il sindacato sia disposto a concedere nuove flessibilità, in particolare sugli orari di lavoro. Sull’onda lunga della sciagurata direttiva europea e in coerenza con quanto affermato dal presidente della Confindustria, (in Italia si lavora troppo poco) la Federmeccanica chiede ai lavoratori di poter imporre orari che variano da 60 ore quando l’industria va bene, a 30 o anche meno quando va male. Solo così si può fare il contratto.
Ma gli industriali metalmeccanici, ai quali appartengono anche il presidente e il vice presidente della Confindustria, sono all’avanguardia di un disegno più vasto. Subito dopo l’accordo per i dipendenti pubblici, è ripartita l’offensiva per un nuovo accordo centralizzato che intervenga sulla contrattazione. Lo richiedono gli industriali, lo ha evocato il governo, predisponendosi a convocare un incontro per il fatidico mese di luglio. E’ bene essere chiari. L’intesa del 23 luglio è stata un disastro per i lavoratori che hanno visto i loro salari allontanarsi progressivamente dalla ricchezza reale del paese. Mai c’è stata tanta distribuzione ingiusta dei redditi come da quando in Italia si pratica la politica dei redditi. Tuttavia se quell’intesa è in crisi e va chiaramente abbandonata, non si può certo sperare che un tavolo tra Confindustria governo e sindacati, oggi, la migliori. Il governo ha già scritto che quel tavolo si apre per adeguare l’intesa del 23 luglio alla devolution, cioè per mettere in discussione il contratto nazionale, e per legare ancor di più il salario alla produttività. Ma anche la Confindustria ha chiarito che per essa i salari debbono subire un nuovo giro di vite. Dopo tanti buoni propositi, sull’innovazione, la ricerca, la competizione sulla qualità, sempre sul costo del lavoro si torna a concentrare la politica reale delle imprese.
L’apertura di un tavolo per ridefinire l’intesa del 23 luglio è dunque un attacco diretto al contratto nazionale dei metalmeccanici e a tutte le vertenze aperte. Per questo bisogna respingere queste manovre. Bene fece la Cgil un anno fa ad abbandonare una discussione insidiosamente proposta mentre si parlava di crisi, da allora la situazione non è cambiata, siamo sempre allo stesso punto. Se si vuole infatti affrontare la crisi del paese bisogna agire con due leve di fondo. Da un lato bisogna dirottare verso l’industria e il lavoro le ricchezze che oggi sono in gioco nella speculazione e nella finanza. E questo lo deve fare una nuova politica economica ed industriale. D’altro lato bisogna davvero aumentare i salari, perché l’aumento del potere d’acquisto delle retribuzioni non è solo un atto di giustizia, ma uno strumento per la ripresa dell’intera economia del paese.
Le posizioni della Federmeccanica e della Confindustria sono l’esatto contrario di ciò di cui ha oggi bisogno il paese. Sono la riproposizione di quella politica liberista e di attacco al salario e alla condizione di lavoro, che è una delle cause fondamentali della crisi italiana.
Per questo i metalmeccanici lottando per il proprio contratto, reclamano una diversa politica economica e sociale e chiedono a tutto il sindacato di sostenerla con la dovuta mobilitazione, fino allo sciopero generale. Ai lavoratori e al paese non serve un nuovo 23 luglio, ma una vera svolta politica ed economica. Questo chiedono i metalmeccanici.