Una brutta settimana cancellata via. Quella che aveva visto la grande esplosione dell’unità tra i sindacati dei metalmeccanici, poi faticosamente recuperata nel corso di una notte e alla fine, ieri pomeriggio, nuovamente cementata dalle segreterie con un comunicato stringato e teso che ributta la palla nel campo di Federmeccanica. «Le segreterie nazionali di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil chiedono un profondo cambiamento delle posizioni della Federmeccanica», non solo sulla parte salariale (che costituisce il vero merito di questa tornata contrattuale), ma «su tutti i temi aperti». A parte il salario, gli altri «temi aperti» sono la flessibilità oraria (con possibilità per le aziende di convocare i lavoratori il sabato, anche al di là delle 32 ore già previste dal contratto e senza dover più contrattare questa prestazione lavorativa straordinaria con le rappresentanze unitarie di fabbrica), la regolazione dei contratti di apprendistato, ma in forme tali da limitare il ricorso sfrenato ai contratti «atipici» previsti dalla legge 30. Temi che hanno complicato per un anno la trattativa, fino a far balenare chiaramente l’idea degli industriali: ottenere uno scambio tra aumenti salariali un po’ più superiori all’offerta iniziale (60 euro lordi, facendo intuire però una disponibilità ad arrivare a circa 75) e lo scavalcamento delle rsu aziendali. In modo da lasciare così campo libero alle imprese sulla gestione della forza lavoro. Su questo il comunicato unitario pone finalmente una parola chiara: «concludere positivamente la vertenza senza scambi impropri».
Giovedì, com’è noto, il segretario nazionale della Fim-Cisl, Giorgio Caprioli, aveva preannunciato la rottura della trattativa per il rinnovo del biennio economico del contratto nazionale a causa dell’«incapacità dei sindacati di avanzare una proposta» sulla maggiore flessibilità richiesta dalle imprese. Venerdì la rottura avveniva davvero, ma unitariamente e con una motivazione del tutto opposta: era Federmeccanica a non aver fatto nessun passo avanti per costruire una mediazione accettabile.
Dall’incontro tra le segreterie unitarie ci si attendeva dunque, se non la dichiarazione di una nuova serie di lotte e mobilitazioni, almeno un indirizzo più chiaro sul come i sindacati intendono muoversi d’ora in poi. Di scioperi, per ora, non si parla. Il punto di convergenza, in modo abbastanza palese, è stato raggiunto sul rinviare ogni decisione a dopo la riunione, domani, del consiglio direttivo di Federmeccanica, che dovrà valutare a sua volta lo stato della vertenza e decidere quali mosse fare per sbloccare il negoziato.
Ma che il punto dolente sia esattamente lo «scavalcamento delle rsu» nella gestione degli orari lo si capisce anche dalla polemica intercorsa ieri tra il direttore generale di Federmeccanica, Roberto Santarelli, e due dirigenti di spicco della Cgil. In mattinata, infatti, la segretaria confederale Carla Cantone e la segretaria nazionale dei tessili, Valeria Fedeli, avevano rilasciato dichiarazioni polemiche con gli industriali «meccanici». Accusandoli di non tenere nel giusto conto «il rispetto e il riconoscimento del ruolo e del valore del lavoro, della sua rappresentanza».
La nota confindustriale, illustrata da Santarelli, andava a colpire il nodo scoperto della diversità di atteggiamento con lui differenti categorie della Cgil hanno affrontato il tema della «flessibilità» e quello degli adeguamenti salariali nei rispettivi contratti. Santarelli ha buon gioco a ricordare che «la piattaforma dei tessili rivendica un incremento salariale pari a 78 euro» rispetto ai 130 della piattaforma metalmeccanica (votata da oltre il 90% della categoria). E altrettanto facile è per lui ricordare che «il contratto dei tessili, regolando la cosiddetta flessibilità tempestiva, consente di superare il normale orario settimanale prevedendo un coinvolgimento delle rsu attraverso una procedura». Che «allo scadere del 5° giorno», quand’anche la rsu non fosse d’accordo, fa diventare la «flessibilità operativa». Per concludere che «le questioni del costo del lavoro e della flessibilità sono tanto importanti per la competitività delle imprese metalmeccaniche quanto lo sono per quelle tessili».
Questo il nodo su cui si incentra la resistenza di tutti i metalmeccanici. E su cui anche l’intera Cgil, magari, dovrebbe fare qualche riflessione in più.