Metalmeccanici, braccio di ferro su salario e precarietà

E’ partita con il piede sbagliato la trattativa no-stop per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto dei metalmeccanici. Il segnale di apertura da parte delle imprese sollecitato dal segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani («Voglio avvertire Confindustria che anche per loro questo è un passaggio delicato») ieri non c’è stato e le distanze con i sindacati restano al momento immutate, sia sul salario che sulla precarietà. Il negoziato riprenderà stamane e riguarderà la parte economica. Sono bastate poco più di due ore a Fim, Fiom e Uilm per ribadire ieri le loro richieste: 105 euro di aumento più 25 euro per i lavoratori che non hanno il contratto integrativo. Numeri che Federmeccanica continua a ritenere lontani dalle disponibilità delle aziende, anche se per conoscere la controproposta delle imprese bisognerà attendere oggi:«Siamo al tentativo dell’affondo finale – ha dichiarato il direttore generale di Federmeccanica Roberto Santarelli – proviamo a fare il contratto. Noi la buona volontà negoziale l’abbiamo dimostrata, da parte sindacale non vedo segni tangibili di modifica delle richieste, ma per raggiungere un accordo è evidente che ci dovranno essere».
Agli industriali non piace, in particolare, la proposta sindacale di considerare i 25 euro come elemento distinto della retribuzione:«Siamo disposti a ragionare su una cifra scorporata dai minimi contrattuali – ha precisato Santarelli – ma ribadiamo che da questa cifra debbano essere assorbiti tutti i trattamenti retributivi che eccedano il contratto. La quantità è invece tutta da discutere». Il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, rinvia «ogni ipotesi sull’apertura di un percorso» a dopo gli incontri di oggi e domani. «La trattativa è complicata – ammette Rinaldini – alle spalle abbiamo una settimana di dichiarazioni una più pressante dell’altra: su quella strada lì – avverte non si va da nessuna parte».
Ancora più delicato il tavolo del pomeriggio sul mercato del lavoro, al quale il segretario della Fiom non ha partecipato. Il primo argomento affrontato è stato l’apprendistato, per il quale l’associazione datoriale ha presentato un documento su cui i sindacati si sono riservati di dare una risposta. Sulla questione flessibilità, Fiom, Fim e Uilm hanno chiesto la percentuale unica del 15% per i contratti atipici, ma Federmeccanica ha risposto che la legge 30 non permette la fissazione di un tetto. La riforma del mercato del lavoro voluta dal governo prevede infatti che siano espunti dal computo i contratti a termine con durata fino a 7 mesi.
Una norma che, in pratica, dà alle aziende la facoltà di assumere con questa modalità il cento per cento dei propri dipendenti. «Federmeccanica si dice disposta a scambiare maggiore flessibilità dell’orario con la limitazione dell’utilizzo dei contratti a termine – osserva Giorgio Caprioli, segretario generale Fim – ma poi nel merito sostiene che la legge impedisce la nostra richiesta di un tetto». Sugli orari, invece, i sindacati sarebbero disposti ad allargare in parte la flessibilità, ampliando la casistica (ora limitata alle produzioni stagionali) e rendendo meno rigida la contrattazione. Ma a condizione di non modificare l’articolo 5 del contratto e il ruolo delle Rsu. «Vi è la possibilità di un maggior ricorso all’orario plurisettimanale», sostiene Caprioli. «Si possono valutare procedure che facilitino l’orario plurisettimanale, coinvolgendo – precisa Maurizio Landini, segretario nazionale Fiom – le strutture sindacali territoriali o nazionali, ove sorgano problemi a livello di Rsu. Noi siamo pronti a valutare delle proposte – chiarisce Landini – ma in una logica negoziale e non di scambio, senza modificare l’articolo 5 del contratto. Lo scambio è improprio, non accettabile». Secondo Tonino Regazzi, segretario generale Uilm, «si può proporre un percorso sperimentale per giungere a un migliore utilizzo degli impianti. Potremmo essere più elastici – afferma Regazzi – a condizione che si restringa la precarietà».