Riprende oggi la trattativa per il rinnovo dei metalmeccanici, e l’atmosfera non è affatto rilassata. Fim, Fiom, Uilm e Federmeccanica si incontreranno al mattino per parlare degli aumenti salariali, e successivamente, nel pomeriggio, per discutere di mercato del lavoro e legge 30. Nell’ultima settimana il confronto si è riscaldato per le richieste di Confindustria e Federmeccanica rispetto alla questione del «sabato»: in realtà, come ha spiegato ieri lo stesso presidente degli industriali meccanici Massimo Calearo, la richiesta è quella di avere più ore disponibili a «comando», senza dover passare per le trattative con le Rsu. «Noi chiediamo che se arriva un ordine si possa lavorare 60 ore a settimana anziché 40, recuperando il più in una fase successiva – ha affermato – Nel caso in cui l’azienda abbia delle punte di ordine deve poter rispondere al mercato in tempo reale. Oggi per lavorare al sabato e per fare ore in più di lavoro si deve fare una contrattazione con il sindacato, e molto spesso le risposte non sono immediate: ma il mercato invece non aspetta». E se già la settimana scorsa Calearo aveva parlato di «solite liturgie sindacali» riferendosi alle trattative in azienda per modificare i turni di lavoro (terminologia religiosa che riecheggia il «trito rito sindacale» con cui Berlusconi ha bollato l’ultimo sciopero generale), ieri il presidente della Federmeccanica ha raddoppiato, tanto per accogliere bene i sindacalisti al tavolo di questa mattina: «I 25 euro in più chiesti per i lavoratori senza contratto di secondo livello, da un punto di vista contrattuale non hanno senso – ha detto – Sono una parolaccia». Dunque le imprese sono contrarie a tenere nel contratto nazionale la garanzia per i lavoratori che non firmano gli integrativi: «Questo dispositivo non può entrare in automatico in azienda – ha aggiunto Calearo – se un’impresa ottiene maggiori introiti è giusto che paghi di più i propri collaboratori, ma quelle che vanno male fanno fatica. Il contratto nazionale deve essere di salvaguardia».
Ma i sindacati restano fermi sulla loro richiesta: 105 euro di aumento base, più i 25 a garanzia dei lavoratori che non hanno contrattazione di secondo livello. Le aziende hanno già dimostrato disponibilità a salire dall’offerta ufficiale di 60 euro, arrivando a 70-75. Ma chiedono in cambio la flessibilità descritta da Calearo, ovvero la possibilità di avere a disposizione ore da ordinare a piacimento, manipolando unilateralmente i turni settimanali secondo i bisogni immediati del mercato. Impostazione che ha visto la netta contrarietà di Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom Cgil, che ha ribadito più volte che il tempo e la vita dei lavoratori non si possono scambiare con aumenti salariali, né tantomeno possono essere sottratti al controllo dei delegati per essere messi tutti nelle mani degli imprenditori. Un nodo chiave, su cui la Uilm ha finora mostrato di tenere, ma che vede un’apertura da parte della Fim Cisl: il segretario Giorgio Caprioli ha infatti dichiarato che lo scambio con la flessibilità degli orari si può fare se si stabilisce un argine concreto alla «flessibilità in entrata», ovvero alla precarietà dei contratti a termine e interinali; non esautorando del tutto le Rsu, ma trovando dei meccanismi che «velocizzino le trattative».