Si apre oggi pomeriggio, a Montesilvano (alla periferia di Pescara), il 24° congresso nazionale della Fiom. I metalmeccanici della Cgil ci arrivano all’indomani di un rinnovo contrattuale molto accidentato, in cui hanno dovuto mettere sul piatto dei rapporti di forza non solo il consenso raccolto all’interno delle fabbriche, ma anche la capacità di trasferire la lotta all’esterno, bloccando autostrade e ferrovie. Venivano da due «accordi separati», ossia firmati solo da Cisl e Uil (oltre che dagli ex-fascisti dell’Ugl e dall’ex «sindacato aziendale Fiat», il Sida, ora Fismic). Ma sono riusciti lo stesso a respingere il «tentativo di sfondamento» confindustriale sull’orario di lavoro e a strappare un aumento salariale molto vicino alla piattaforma rivendicativa. Una vittoria, di questi tempi. Che conferma perciò questa categoria come la spina dorsale del movimento operaio e sindacale, sia dal punto di vista dei numeri (1.600.000 lavoratori, un settore peraltro in crescita) che da quello sindacale e politico. Il peso dei metalmeccanici, insomma, va ben al di là dei semplici numeri, perché è investito di una carica simbolica davvero innegabile.
Nel congresso della Cgil la «prassi» dei metalmeccanici si è tradotta nelle «tesi» (8a e 9b, ad emendamento di quelle presenti nel documento congressuale) presentate dal segretario nazionale, Gianni Rinaldini. Tesi che centrano il nodo delle politiche contrattuali – Confindustria e Cisl premono per una «riforma del modello in vigore dal `93», con il pericolo di sminuire il ruolo del livello nazionale di contrattazione – e della partecipazione democratica (sono stati i metalmeccanici a esigere il referendum di tutta la categoria per approvare sia la piattaforma rivendicativa che l’accordo finale).
Tesi che hanno raccolto circa il 15% dei voti espressi dall’intera Cgil, ma che in molti descrivono come «il voto di una sola categoria». Il problema è che, non disponendo di dati disaggregati, non si può neppure sapere se le cose stiano realmente così. Fin qui infatti sono stati diffusi solo i dati nazionali raggruppati, mentre la Fiom sta per pubblicare sul sito l’intero elenco, provincia per provincia, dei voti espressi dai metalmeccanici. Anche sull’assegnazione dei delegati ci sono state polemiche. La minoranza storica in Cgil, l’area di «Lavoro e società», che fa capo a Gian Paolo Patta, aveva rinunciato a presentare le consuete «tesi alternative», con la garanzia di avere in ogni caso il 20% dei delegati (la stessa cifra del precedente congresso). Quando, in alcune regioni importanti come Piemonte e Lombardia, si è andati al voto su liste separate, si è visto che il numero dei delegati da assegnare a ciascuna «area» o tesi non corrispondeva ai voti raccolti. In altre si è riuscite a ricomporre la massima unità. A Rimini, ai primi di marzo, si vedrà se la discussione in Cgil sarà vivacizzata da istanze di partecipazione democratica messe positivamente alla prova in un conflitto molto aspro.