Mercato senza bellezza

Se qualcuno voleva una conferma, con Telecom è arrivata: il capitalismo italiano è sempre più opaco e selvaggio. Non tutto: da alcuni giorni tutta la stampa internazionale – compreso il severo Financial Times – loda Enel e Eni per Endesa e Yukos. Insomma, dove lo stato rimane azionista di riferimento, le società sono protagoniste sui mercati internazionali. Lo stesso non può dirsi per la maggior parte delle società un tempo pubbbliche e ora privatizzate.
Prendiamo la Gs. Quando venne privatizzata, la rilevarono soggetti economici italiani di rilievo. «Meno male», fu il commento generale: i prodotti italiani hanno bisogno di valorizzazione. E’ durata poco: Del Vecchio e Benetton si sono stancati di fare i bottegai e hanno messo la Gs in mani straniere. Ora in quei supermercati trionfa la carne prodotta e macellata in Francia. Benetton con i soldi di Gs ha rafforzato la presenza nelle autostrade. Poi si è stufato di incassare ricchi pedaggi e ha tentato di concludere un accordo con gli spagnoli di Abertis. Per ora gli è andata male, ma la partita non è finita.
Ora è la volta di Telecom. In realtà da 10 anni stiamo assistendo al peggio del peggio: una privatizzazione fatta male, poi l’Opa dei «capitani coraggiosi» – benedetti a sinistra – che ha caricato Telecom di debiti. A seguire l’arrivo di Tronchetti Provera (con Benetton) con una acquisizione scandalosa: il controllo di Telecon comprando solo il 18% delle azioni, senza essere obbligato dalla Consob a lanciare un Opa su tutto il capitale. Ora vediamo che a quel 18% corrisponde un potere enorme.
Ieri il «padrone» della Pirelli ha deciso di buttare a mare Guido Rossi (che sicuramente non rimarrà disoccupato) che lui stesso aveva chiamato alla presidenza di Telecom a settembre per stemperare le tensioni con il governo. La colpa di Rossi è di non aver fatto da «tappetino». La mossa di Tronchetti è un po’ disperata. D’altra parte basta leggere l’intervista su il sole-24 ore di ieri per capire che il bel Marco è alla canna del gas e lancia messaggi per «mollare» Telecom rimettendoci il meno possibile. L’uomo ha ingegno. La trovata degli acquirenti amercani (At&t e Amercan Movil) non è male: serve a far lievitare il prezzo della sua partecipazione azionaria in Telecom, a uscire dall’avventura telefonica con le ossa un po’ meno rotte. «Lasciamo fare al mercato», strilla gran parte del mondo politico. Falso: lo sviluppo e il mantenimento in mano pubblica delle reti è argomento troppo delicato per essere lasciato in mani private, soprattutto estere che non potrebbero essere obbligate a quegli investimenti necessari per garantire lo sviluppo tecnologico.
Il mercato non può decidere. La logica di mercato indica in una possibile acquisizione di Telecom – ovviamente senza rete – da parte di Mediaset una soluzione ottimale di integrazione. Ma c’è di mezzo Berlusconi e sommare monopolio a monopolio e potere politico produrrebbe un cocktail antidemocratico micidiale. Insomma, la politica deve dare soluzioni. Anche pubbliche.