Medio Oriente, Abu Mazen promette:«Il caporale Shalit presto libero»

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato ieri durante un intervista alla televisione francese di essere «convinto che il soldato Shalit debba essere liberato».
Il militare israeliano rapito il 28 giugno scorso «non può restare segregato per tutto questo tempo», ha aggiunto Abbas. «Ad Israele», ha continuato il presidente dell’Anp, «diciamo che deve liberare i detenuti palestinesi, ma le due cose non sono collegate». Alla vigilia della formazione del governo di unità nazionale il presidente palestinese si era impegnato nel corso di un vertice bilaterale con il premier israeliano Ehud Olmert a rilasciare il soldato addirittura prima del varo dell’esecutivo. Secondo il portavoce del nuovo governo palestinese la trattativa si sarebbe allora arenata a causa della posizione assunta dall’amministrazione Olmert riguardo al «numero e la qualità» dei detenuti politici palestinesi da liberare. Al vertice della lista presentata dai palestinesi per lo scambio, vi sarebbe il parlamentare e leader di Fatah Marwan Barghouti, condannato a 5 ergastoli in Israele, secondo le affermazioni del responsabile della campagna per la sua liberazione, Sahad Nimr. Lo stesso ministro vice-ministro della difesa israeliano Efraim Sneh ha in diverse occasioni rilasciato dichiarazioni indicanti che la scarcerazione di Barghouti non rappresenta un tabù. Abbas si è dichiarato ieri anche «certo» che il sequestro del corrispondente della Bbc Alan Johnston, rapito a Gaza il 12 marzo scorso, sia vicino ad una soluzione. I giornalisti di Gaza hanno organizzato diverse manifestazioni di protesta contro il governo palestinese per l’inefficacia dimostrata nella vicenda del rapimento Johnston, unico corrispondente estero rimasto nella Striscia. A smentire l’ottimismo del presidente dell’Anp sui due sequestri, è giunta nel pomeriggio di ieri una dichiarazione del portavoce del braccio armato dei Comitati di resistenza popolare-Crp (fazione che con Hamas ed Esercito dell’Islam ha rivendicato il sequestro del soldato israeliano), che ha definito “illazioni” le notizie circolate sui progressi nelle trattative per la liberazione di Shalit e sugli occhiali inviati dalla famiglia che il soldato avrebbe ricevuto un paio di giorni fa, grazie alla mediazione egiziane. Mentre la questione del rilascio di Shalit è di natura politica, la vicenda Johnston, nonostante i colloqui tra il premier Haniyeh ed il console britannico a Gerusalemme Richard Makepeace a Gaza che hanno infranto l’isolamento degli esponenti governativi di Hamas, è una questione di soldi e forse di armi, da sborsare al potente clan familiare della Striscia che per la liberazione del reporter chiederebbe un cospicuo riscatto.
Entrambe le vicende mettono in evidenza la condizione di imbarazzo in cui si trova il governo palestinese, ostaggio di fazioni armate, che traggono vantaggio dal caos generato dall’ingovernabilità, di cui il persistere dell’embargo economico si rivela complice. Ieri, nell’ennesima giornata di scontri tra miliziani di Hamas e Fatah (tre feriti tra cui un ragazzino), il premier Haniyeh ha accusato gli Usa di favorire, impedendo i trasferimenti bancari al suo esecutivo, l’ingovernabilità. Oggi è attesa la presentazione di un piano d’emergenza per ristabilire ordine e sicurezza nei Territori.