Meccanici, 147 euro di diritti

Un aumento salariale di 147 euro (di cui 30 per chi non ha la contrattazione integrativa), riforma dell’inquadramento professionale e una stretta sull’utilizzo dei contratti a termine. E’ stata presentata ieri da Fim, Fiom e Uilm la piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, in scadenza a fine giugno. Dopo sei mesi di difficili trattative, e a otto anni dall’ultimo contratto nazionale unitario, la quadra è stata trovata nella tarda serata di mercoledì. Ora l’ipotesi di accordo verrà discussa dagli organismi di Fim, Fiom e Uilm e, dopo l’assemblea nazionale dei 500 delegati, il prossimo 17 maggio, sarà sottoposta al voto dei lavoratori.
La partita del rinnovo, che coinvolge complessivamente un milione e 600 mila lavoratori, e che dovrebbe aprirsi non prima della fine di giugno, si preannuncia comunque in salita, considerata la repentina bocciatura della controparte. Ne è convinto Giorgio Caprioli, segretario Fim, che avrebbe preferito più moderazione e definisce l’ipotesi di accordo «nell’insieme, piuttosto onerosa». «E’ una piattaforma ambiziosa, che profila una trattativa complessa, ma per noi ci sono tutte le condizioni perchè la vertenza possa chiudersi rapidamente», dice invece Gianni Rinaldini, segretario Fiom. «La partita sarà difficile, ma l’intesa è positiva», commenta Tonino Regazzi della Uilm. Mentre Federmeccanica, con le parole del suo presidente Massimo Calearo, bolla la piattaforma come «ridicola».
Piattaforma ambiziosa, non c’è dubbio. Tanto nella parte salariale, quanto in quella normativa. L’aumento medio previsto è di 117 euro mensili per i lavoratori al quinto livello, che significa il superamento della soglia dei 100 euro (se ne chiedono 101) per il terzo livello, i lavoratori alla catena di montaggio. E a cui sono da aggiungere 30 euro per chi non fa la contrattazione integrativa (tra il 20 e il 30% della categoria). «Un addetto alle linee di montaggio non poteva d’altra parte prendere meno di un impiegato statale», spiega Rinaldini, riferendosi al rinnovo del contratto degli dipendenti pubblici.
Ma anche sulla parte normativa, la piattaforma prevede diverse novità. A partire dalla ridefinizione dei profili professionali di operai e impiegati (l’ultima normativa risale al 1973). L’accordo prevede il passaggio dalle attuali categorie a un nuovo sistema articolato in cinque fasce, e basato sulle «capacità trasversali» dei lavoratori, mentre concretamente l’evoluzione professionale sarà materia della contrattazione di secondo livello. Questo perché oggi passare dal terzo livello al quarto è piuttosto difficile, ma anche perché – spiega Caprioli – un lavoratore, anche alla catena di montaggio, difficilmente oggi svolge un’unica mansione.
Altro punto essenziale, il contrasto alla precarietà. L’ipotesi di accordo prevede un tetto del 15% all’utilizzo di lavoratori a termine o con contratti interinali. In più si stabilisce che chi ha lavorato sei mesi (considerando gli ultimi due anni) entra in una graduatoria da cui poi l’azienda attingerà in caso di assunzioni; viene richiesto il tempo indeterminato, invece, per i lavoratori che hanno 3 anni di lavoro alle spalle (negli ultimi 5 anni), anche non continuativi.
Infine, sull’orario di lavoro, Fim, Fiom e Uilm allargano la possibilità di utilizzare l’«orario plurisettimanale» anche alle aziende che abbiano picchi produttivi, ma con l’aumento delle maggiorazioni (dal 15% al 40% in più per chi lavora di sabato), e fermo restando che il tutto potrà avvenire solo con l’accordo delle rappresentanze sindacali (Rsu).
«Le richieste dei sindacati sono fuori dalle regole del ’93, e sono doppie rispetto all’inflazione», commenta Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria. «La Confindustria avrebbe comunque detto di no a qualsiasi piattaforma – conclude Regazzi della Uilm – E forse è già qualcosa se ieri diceva no a 60 euro di aumento e oggi ad aumenti superiori a quelli del pubblico impiego».