May Day 2006, torna la cospirazione precaria

Sarà “May Day” per la sesta volta, in Italia (a Milano, Torino, Palermo, L’Aquila, Napoli, Livorno) e in tanta Europa con appuntamenti il primo maggio ad Amburgo, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Copenhagen, Helsinki, Léon, Liegi, Londra, Maribor, Parigi, Siviglia, Stoccolma, Vienna e Tornio, praticamente al circolo polare artico. Dalla rivolta francese contro il Cpe a quella diffusa nei luoghi e nei tempi di tutti i giorni è ormai evidente ciò che accomuna l’Unione europea: la precarietà del futuro (non di certo salari e diritti). «Ci saranno appuntamenti diversi – racconta Alex Foti dei Chainworkers – per battere la dimensione europea della precarietà con i danesi che sfileranno di notte, i “pirati” informatici svedesi per la libertà dei saperi, i belgi per smascherare la deriva etnica, mentre a Parigi ci sarà un corteo da Pigalle a la République promosso da una quindicina di atenei, alcuni ancora in occupazione, post lotta Cpe e il 2 maggio si terrà un’assemblea europea contro la precarietà con diversi pullman dall’Italia».
A Milano, come da consuetudine, la manifestazione sarà promossa dalle reti contro il precariato e dalla Cub e sfilerà per le vie del centro con una ventina di carri allegorici su cinque assi della precarietà della vita, oltre al lavoro: casa, reddito per tutti/e, affettività e libertà di scelta, mobilità. «Perché i precari non sono degli sfigati – sintetizza il prof. Andrea Fumagalli, animatore delle proposte di reddito di cittadinanza e delle reti – ma lavoratori che producono la maggior parte della nuova ricchezza nelle aree più industrializzate del paese. In Lombardia col 30% del Pil nazionale prodotto e il 35% dei lavoratori a progetto e co. co. co del paese, con buona pace del Prof. Ichino che teorizza la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, da tre anni il 75% dei nuovi assunti, per così dire, sono in formazione lavoro, apprendistato o stage».

La May Day come ogni anno non sarà solo denuncia e “parade”, ma anche una vera e propria piattaforma rivendicativa contro la precarietà, con quattro proposte: una cassa sociale regionale e provinciale per la continuità del reddito e l’accesso ai servizi dal trasporto allo studio, la tassazione delle rendite immobiliari, finanziarie e della grande distribuzione commerciale per la redistribuzione del maltolto, la drastica riduzione delle 37 forme di contratto atipiche attuali a 3-4 tipologie e un salario minimo orario per difendere il 40% della forza lavoro italiana senza contratto nazionale (siamo l’unico paese europeo con la Grecia a non avere un sistema di protezione generale in materia). «Quest’anno si passa dalla protesta alla proposta – spiega Walter Montagnoli della Cub – sintetizzabile nello slogan “diritti nel lavoro e diritto alla continuità del reddito”». Lo scatto che si chiede al governo va oltre l’abolizione della Legge 30 con la rimessa in discussione del pacchetto Treu che «ha aperto le porte alla precarietà nel paese». «In campagna elettorale persino la destra ha parlato di precarietà, bisogna riconoscere il fallimento del modello di flessibilità, visto che anche lavoratori a tempo indeterminato vivono in condizioni di precarietà esistenziale tra orari impossibili e cassintegrazione a singhiozzo per anni». Ma la flessibilità non aiuta a inserirsi più facilmente nel lavoro, chiede una giornalista? «Ti risponde la nostra vita – replica Frankie dei Chainworkers – si entra precari e si passa da contratto a contratto, dalle rotazioni il sabato e la domenica al ricatto di stare a casa un mese sì e l’altro no, per il sogno del posto fisso a 700 euro al mese».

Per raccontarlo Frankie e gli/le altri/e hanno usato a piene mani la creatività progettuale che piace tanto al modello azienda imperante, in un rovescio di simbologie e metodi di comunicazione. Dopo il grido d’aiuto “May Day”, i carri allegorici, il santo a cui votarsi (San Precario), le figurine degli “imbattibili” i super eroi/eroine della precarietà e la stilista virtuale Serpica Naro, quest’anno tocca alla “lotteria”: “C’è in gioco la nostra vita? Giochiamocela”. Con tanto di estrazione in piazza di premi risolutivi contro la precarietà esistenziale, insieme alla distribuzione di veri e propri kit e mappe di sopravvivenza precaria. «La precarietà ti costringe a vivere di speranze in un gioco di continui ‘riprova, sarai più fortunato’? Rompiamo questo meccanismo e riprendiamoci il diritto di scrivere le regole della nostra vita». Un lavoro di creatività politica e sociale impressionante per far muovere idee, coscienze, vite: “cospirazione precaria” perché anche la solitudine del precario globale può essere messa in cortocircuito collettivo.