Il numero dei civili uccisi in Iraq in ottobre ha toccato un nuovo record, arrivando a oltre 3.700, mentre l’influenza delle milizie aumenta, e la tortura continua a imperversare. Da quando gli Usa hanno invaso il Paese, nel marzo 2003, oltre 2 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case, per sfuggire alla violenza che dilaga.
Sono dati forniti dalle Nazioni Unite, nell’ultimo rapporto sulla situazione dei diritti umani in Iraq, diffuso oggi.
Secondo l’Ufficio Diritti Umani della Missione Onu di assistenza all’Iraq (UNAMI), il bilancio delle vittime civili irachene registrato in ottobre è di 3.709, rispetto ai 3.345 morti di settembre. Il dato più alto finora era stato quello di luglio, con 3.590 morti civili. Si tratta di cifre calcolate dalle Nazioni Unite, sulla base dei dati forniti dal Ministero della Sanità iracheno.
In tutto, sono 7.054 i civili uccisi in settembre e ottobre (fra cui 351 donne e 110 bambini), a fronte dei 6.599 di luglio e agosto.
Dallo studio emerge un grave deterioramento della situazione della sicurezza, la diffusione della povertà nel Paese, e l’alto numero di sfollati – 418.392 solo a causa delle violenze confessionali iniziate dopo l’attentato del 22 febbraio scorso contro la moschea sciita al Askariya di Samarra.
Sono molti anche quelli che lasciano il Paese. Dall’invasione del marzo 2003, circa 100.000 persone fuggono in Siria e Giordania ogni mese, mentre è di 1,6 milioni il numero complessivo di coloro che hanno cercato rifugio all’estero – una stima dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR).
Nel suo rapporto bimestrale sulla situazione dei diritti umani, relativo ai mesi di settembre e ottobre, l’UNAMI riferisce che negli ultimi due mesi le violenze in Iraq hanno assunto una natura sempre più confessionale.
“In alcune zone sono state colpite comunità intere, le zone periferiche sono state abbandonate o gli abitanti sono stati costretti ad evacuare le loro zone, o persino ad abbandonare il paese andando all’estero in cerca di salvezza”, si legge nel documento.
Baghdad è l’epicentro delle violenze. Tra settembre e ottobre nella capitale hanno perso la vita quasi 5.000 persone, con la maggior parte dei corpi ritrovati che portavano i segni di torture e di ferite da arma da fuoco.
“Centinaia di corpi continuano a comparire in diverse zone di Baghdad ammanettati, bendati, e con segni di torture e di omicidi “stile esecuzione”, dice il rapporto. “Molti testimoni hanno riferito che coloro che commettono queste azioni indossano le uniformi delle milizie e persino divise della polizia o dell’esercito”.
Nelle 26 pagine del documento la Missione Onu delinea un quadro fosco a livello generale, fornendo particolari e dati circostanziati – dagli attacchi contro giornalisti, giudici, e avvocati, al peggioramento della situazione delle donne, all’esodo forzato di popolazione, alla violenza contro le minoranze religiose, agli attacchi contro le scuole.
“La popolazione civile dell’Iraq continua a essere vittima di azioni terroristiche, bombe collocate sul ciglio della strada, sparatorie da macchine di passaggio, fuoco incorciato tra bande rivali, o tra la polizia e gli insorti, sequestri, operazioni militari, criminalità e abusi della polizia”, si legge.
Arresti arbitrari e mancanza di diritti per i detenuti – 29.256 a fine ottobre, di cui 13.571 in custodia della forza multinazionale – continuano a essere un grave problema.
“Detenzioni arbitrarie, condizioni di detenzione atroci, accuse di torture e maltrattamenti continuano a essere un tema di grave preoccupazione in Iraq”, dice l’UNAMI, che denuncia anche l’assenza di garanzie giudiziarie, e il fatto che le persone vengano spesso arrestate senza alcun mandato, non informate delle accuse che le riguardano, e non portate rapidamente davanti al magistrato inquirente.
All’Ufficio Diritti Umani della Missione delle Nazioni Unite continuano inoltre ad arrivare informazioni secondo cui le forze di polizia e quelle di sicurezza sarebbero infiltrate dalle milizie o agirebbero in collusione con esse, mentre le operazioni condotte dalla polizia e dalle forze armate continuano a essere basate su massicce retate.
Fra gli altri punti citati nel rapporto:
– La libertà di espressione è minacciata, dato che sono sempre di più gli operatori dei media che vengono presi apparentemente di mira proprio a causa del loro lavoro, e assassinati con la massima impunità. Secondo le informazioni, negli ultimi due mesi sono stati uccisi 18 giornalisti – 6 in settembre e 12 in ottobre.
– Le minoranze continuano a essere sotto tiro. Da settembre gli attacchi contro i cristiani si sono intensificati, mentre altri gruppi, come i sabei-mandei, continuano a essere obiettivo degli estremisti, e la loro presenza nel Paese è a rischio di estinzione. Anche i Palestinesi residenti a Baghdad sono oggetto di violenze e minacce costanti.
– La situazione delle donne ha continuato a deteriorarsi. Sono sempre di più quelle che restano vittime degli estremisti religiosi o di “delitti d’onore”. Alcune donne non musulmane sono costrette a indossare l’hijab e a essere accompagnate dai mariti o da parenti maschi. Si sono verificati anche sequestri a scopo di stupro e schiavitù sessuale.
– Le scuole sono diventate sempre più un obiettivo di attacchi confessionali e di tipo criminale, e i genitori sono preoccupati per la sicurezza dei propri figli, in particolare delle ragazze. Secondo il Ministero dell’Istruzione, oltre 300 insegnanti e dipendenti del Ministero sono stati uccisi e altri 1.158 altri feriti nel 2006.
La Missione Onu chiede al governo iracheno, alla forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti, e alla comunità internazionale di aumentare gli sforzi per riaffermare l’autorità dello Stato e il rispetto per la legalità, smantellando l’influenza crescente delle milizie, combattendo la corruzione e il crimine organizzato, e mantenendo la disciplina all’interno delle forze armate e di sicurezza.
Nell’attuale quadro iracheno, sembra davvero una missione impossibile.