Marwan Barghouti: non è l’ora delle divisioni

Dialogo nazionale entro due settimane per arrivare alla riconciliazione tra Hamas e Fatah, le due principali forze politiche palestinesi. È questa la proposta formulata dal carcere dal carismatico segretario di Fatah, Marwan Barghuti, che sconta in Israele una condanna all’ergastolo. Di fronte all’uccisione di centinaia di palestinesi e ai massicci bombardamenti israeliani su Gaza, Barghuti non poteva rimanere in silenzio. Il suo intervento è stato pubblicato ieri dai quotidiani al Hayat al Jadida e al Ayyam, entrambi vicini a Fatah, e ha riscosso interesse e approvazione nella base popolare di Fatah, contraria ad accentuare le divisioni con Hamas ora che Gaza viene martellata dall’aviazione israeliana e la striscia di sangue palestinese si allunga di ora in ora.

Nel movimento regna un clima cupo, le celebrazioni dell’anniversario (domani) di Fatah sono state annullate in molte località in segno di rispetto per le vittime di Gaza ma anche per il malumore generato dall’accusa rivolta domenica scorsa da Abu Mazen al movimento islamico, reo, secondo il presidente, di aver provocato l’attacco israeliano contro Gaza per aver scelto di non rinnovare la tregua scaduta il 19 dicembre. Persino a Ramallah, «capitale» dell’Anp in Cisgiordania, le parole del presidente sono state accolte con disappunto. «Sono di Fatah, rimarrò sempre di Fatah e non sopporto Hamas e la sua ideologia, però non credo che Hamas sia responsabile della morte di tanti palestinesi a Gaza. È Israele che sta massacrando la nostra gente, non Hamas. Siamo tutti palestinesi di fronte a Israele», spiega Mustafa Saleh, attivista di Fatah da quando era un ragazzino. Un’opinione che riflette quella di gran parte dei palestinesi in Cisgiordania che, da quattro giorni, seduti davanti alla televisione osservano sgomenti le devastazioni a Gaza e il dramma della popolazione sotto le bombe. Le manifestazioni unitarie sono viste in questi giorni in Cisgiordania ne sono la conferma.

Secondo gli analisti, domenica scorsa Abu Mazen avrebbe colto l’occasione per troncare i rapporti con Hamas, ritenendo impossibile una riconciliazione tra l’Anp e il movimento islamico, ma anche per mettere in chiaro che non si farà da parte il prossimo 8 gennaio (alla scadenza del suo mandato presidenziale) e che continuerà, nonostante la contrarietà di Hamas, ad occupare la sua posizione fino alla convocazione di elezioni presidenziali e legislative (previste nel gennaio 2010).

Una scelta che difficilmente gli darà i risultati che spera. «Durante le crisi e le guerre i palestinesi vogliono ascoltare appelli all’unità nazionale e non scambi di accuse tra partiti rivali – dice il professor Khalil Shikaki, direttore del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah – per questa ragione l’attacco di Abu Mazen (ad Hamas) è stato accolto male dalla gente, il presidente ha scelto un momento sbagliato per rompere con il movimento islamico. Rischia di pagare le conseguenze di questa sua decisione». Secondo Shikaki se l’offensiva militare israeliana continuerà a lungo, la solidarietà e il consenso per Hamas cresceranno tra i palestinesi: «Prevedo rischi seri per la stabilità dell’Anp in Cisgiordania».

Difende il presidente palestinese invece Hafez Barghuti, direttore responsabile di al Hayat al Jadida, organo semiufficiale di Fatah. «Non concentrerei troppo l’attenzione sulle accuse rivolte da Abu Mazen ad Hamas – dice – perché il presidente ha espresso in più di una occasione la sua opinione sulle scelte politiche, e militari del movimento islamico. Piuttosto Abu Mazen ha voluto evidenziare che è venuto il momento di deporre le armi e di procedere solo sulla via della diplomazia e della politica e che non saranno i lanci di razzi Qassam a dare ai palestinesi l’indipendenza». Hafez Barghuti però prende le distanza sull’opportunità di lanciare accuse senza precedenti ad Hamas mentre centinaia di palestinesi perdevano la vita negli attacchi aerei israeliani. «Non voglio esprimermi – dice – forse (Abu Mazen) ha fatto bene, forse ha fatto male». Anche il direttore di al Hayat al Jadida suggerirebbe maggiore cautela al presidente dell’Anp, in uno dei momenti più delicati della storia recente palestinese.