Marines Usa in Iraq: nuovo video, nuova strage

La bufera sulle truppe statunitensi di stanza in Iraq non si placa. Anzi, monta a tal punto che il presidente Bush è costretto a tornarci sopra, a dirsi «preoccupato» per i comportamenti dei marines che ha deciso di spedire alla conquista della Mesopotamia. Mentre cresce l’attenzione internazionale per la strage di Haditha e la morte di tre donne uccise mentre correvano in ospedale, un nuovo episodio in cui civili hanno perso la vita per mano delle truppe statunitensi viene rivelato dalla Bbc, che diffonde un video nel quale si documenta la morte di 11 civili iracheni, tra cui 5 bambini e 4 donne. La vicenda si è svolta a Ishaqi, circa centro chilometri a nord di Baghdad, il 15 marzo scorso. In un edificio della città si sarebbe dovuto trovare un presunto militante di al Qaida cui la 101ma divisione aviotrasportata stava dando la caccia. Ma in seguito al bombardamento l’edificio in questione è crollato sulla testa della famiglia che ci abitava. Si tratta di una vicenda già nota, della quale era stata data una versione diversa: il numero dei cadaveri era molto più basso, si parlava di quattro.
Non basta. Come ci conferma Flaviano Masella di Rainews24, che con i giornalisti della televisione pubblica britannica è la sola rete ad aver ottenuto il video da un gruppo di fuorusciti sunniti, le immagini raccontano una verità molto diversa da quella fornita all’epoca dal comando militare Usa. «Sono immagini difficili da mostrare. Per trovare qualche frammento da mandare in onda abbiamo fatto davvero fatica: ci sono i corpi dei bambini inequivocabilmente colpiti da proiettili». La ferite come prova postuma di un possibile massacro, come ad Haditha. Forse stavolta non è stata vendetta, ma le immagini e le testimonianze raccolte nel video indicano che comunque, per dare la caccia a una persona, se ne sono uccise altre dieci. «La più piccola vittima ha sei mesi, la più vecchia, la nonna, ne ha 75 – prosegue Masella – c’è un passaggio del video in cui i cadaveri di 5 bambini vengono portati via su un carretto davvero tremenda. Nella casa avevano trovato ospitalità due orfani di guerra». Nel video il medico dell’ospedale di Tikrit conferma il numero delle vittime, il loro sesso, la loro età.

Davanti alla telecamera diversi ufficiali iracheni locali forniscono una versione che aiuta a capire cosa è successo: un testimone parla di 50 soldati aviotrasportati che circondano la casa dell’insegnante, la crivellano di colpi e poi la assaltano. Un secondo testimone dice di aver visto prima l’azione di attacco e solo dopo il bombardamento che ha distrutto l’edificio. In un quadro siffatto le bombe servono a far sparire le prove, non a catturare il terrorista. La conferma viene da un secondo testimone, che raccontando la stessa scena aggiungendo che «dopo hanno attaccato la mia casa, e un ufficiale, per quello che capisco di inglese, ha urlato “kill them” (uccidili)». Solo quando un soldato gli ha fatto notare che il capofamiglia (la persona che racconta l’accaduto nel video) era invalido, hanno deciso di lasciar perdere. Altre persone raccontano di aver sentito e visto l’assalto prima del bombardamento. E per avere un’idea di come sia tutt’ora percepita la presenza militare in Iraq (almeno nelle aree sunnite del Paese) basterà sentire i commenti dei testimoni coinvolti in questo video il giorno che venga trasmesso integralmente nelle parti che possono andare in onda.

La storia della casa di Ishaqi si aggiunge quindi alle due che negli ultimi hanno colpito l’immagine dell’esercito Usa. A peggiorare la situazione c’è la condanna a 90 giorni di lavoro pesante senza reclusione e una multa da detrarre dallo stipendio per Santos Cardona, il sergente ritratto mentre usa i cani per intimidire i prigionieri di Abu Ghraib. Alla letture della sentenza, Cardona ha abbracciato i suoi avvocati: avrebbe potuto finire dentro per tre anni e mezzo. Se il sergente amante dei cani è felice, non lo saranno gli iracheni contro cui i cani ringhiavano.

E’ in questo contesto difficile che Bush, per bocca del suo nuovo portavoce Tony Snow, ha chiesto che «i soldati rispettino le regole d’ingaggio e i diritti civili». Una posizione diversa da quella espressa da Rumsfeld, che torna a ripetere che il 99,9 si comporta in maniera esemplare e che «in guerra succedono sempre cose che non dovrebbero succedere». Di questa situazione approfitta il premier iracheno al Maliki per ritagliarsi uno spazio nel cuore degli iracheni. Come primo passo ha chiesto agli americani di consegnare al suo governo il fascicolo sull’episodio di Haditha – è di ieri anche la notizia che gli investigatori Usa pensano a riesumare le salme – e come secondo passo ha parlato delle nuove truppe corazzate partite dal Kuwait alla volta di Ramadi. «Stiamo cercano la riconciliazione con la gente di Ramadi – ha detto al Maliki – la forza deve essere solo l’ultima istanza». Il tentativo sembra quello di mostrare una qualche indipendenza dagli Usa e la volontà di frenare la deriva verso la guerra civile – il pugno di ferro promesso contro le milizie sciite a Bassora è anch’esso una forma di rassicurazione ai sunniti. Una prospettiva, quella della riconciliazione, che non piace ad Abu Musab al Zarqawi, che nell’ennesimo nastro caricato su internet incita alla guerra contro gli infedeli sciiti, servi degli americani e innamorati più dei loro santi e leader che non del Profeta.