«Manca il voto dei lavoratori. Non è questa la linea Cgil»

Il testo dell’accordo con Confindutria solleva molti dubbi. In particolare sul voto dei lavoratori…

Non c’è. E non è previsto che gli accordi per arrivare alla firma debbano essere sottoposti al voto. Il punto, poi, è demandato alle organizzazioni sindacali e non assunto dalle controparti. Vorrei far notare che la soglia del “50% più uno” è un arretramento per la Cgil perché da sempre la confederazione ha sostenuto, e sostiene, che il voto dei lavoratori sugli accordi è decisivo. Questa intesa in realtà non è in grado di dire che non ci saranno più gli accordi separati.

Dal nodo della democrazia si arriva direttamente a quello della rappresentanza, che l’accordo, tra l’altro, decide di sciogliere in “modo pattizio” e non con una legge, come si era sempre detto.

Vedo un’altro problema in questo accordo, il fatto che legittima due forme di rappresentanza perché da un lato si parla di rappresentanze sindacali unitarie, votate dai lavoratori, e in un altro punto si parla di rappresentanti sindacali aziendali, nominati dal sindacato e non votati dai lavoratori. Lo spirito dell’accordo del ’93 doveva andare proprio nella direzione delle rappresentanze unitarie. Credo che sia un elemento molto sbagliato perché in un momento in cui c’è una grande domanda di democrazia questo accordo conferma che i cancelli della fabbrica diventano una barriera. Da una parte c’è la certificazione degli iscritti, che è sicuramente un primo passo, ma il rischio concreto è che la sola certificazione degli iscritti senza dare il voto ai lavoratori e alle lavoratrici rischia di favorire gli accordi separati e quindi la derogabilità.

Certificazione, non ti sembra che sia un po’ farraginoso e comunque escludente delle realtà sindacali minori?

Questo sistema della certificazione è quello in vigore nel pubblico impiego. Continuo a pensare che questo problema della certificazione sia un punto in se non negativo. E’ una delle condizioni per dare credibilità democratica ma se rimane la sola non permette in realtà ai lavoratori di poter determinare nulla. Anche perché per le Rsu non è come in Parlamento, dove vige una sorta di delega in bianco, tanto poi se ne riparla a fine legislatura. Il delegato e il sindacato devono di volta in volta costruire le vertenze e rispondere degli accordi.

Veniamo alla tregua sindacale, dove comincia a spuntar fuori lo zampino della Fiat.

Nei contratti aziendali possono essere definite le tregue sindacali che vincolano i firmatari, ma siccome vige il “50% più uno” ecco che si arriva all’accordo separato e chi non è d’accordo rischia di essere sanzionato.

Rischio deroghe per le tute blu?

La norma, mi è stato spiegato da chi ha firmato l’accordo, non è retroattiva. Ne prendo atto. E verificheremo nel concreto dei rapporti con la Fiat.

Come risponderà la Fiom?

Domani (oggi, ndr) c’è il Comitato centrale. L’11 e il 12 luglio il direttivo Cgil. Penso che a questo punto diventi importante che i lavoratori e gli iscritti della Fiom e della Cgil abbiano la possibilità di decidere. Necessario che si coinvolgano i lavoratori e ci si sottoponga al giudizio almeno degli iscritti. A me sembra ci sia un arretramento e un cedimento con le decisioni del congresso e con le lotte portate avanti dalla Cgil fino ad oggi.

Un altro argomento ampiamente trattato è quello della derogabilità.

La derogabilità dei contratti non è accetabile. Come Fiom abbiamo definito un percorso e questo percorso abbiamo intenzione di percorrerlo fino alla fine e presentare a settembre la piattaforma. E il primo punto è quello che regolamenta il voto dei lavoratori, che deve essere riconosciuto dalle controparti.

C’è stata molta rapidità nel concludere l’accordo.

Non l’ho capita. Allla Cgil e alle sue categorie è stato impedito di discutere. Almeno prima di siglare un testo i segretari generali dovevano essere messi nelle condizioni di dare un parere. Siamo in presenza di un metodo un po’ accentrato di discussione visto che stiamo parlando di cose importanti.