Macaluso: Bertinotti rifonda la sinistra socialista e libertaria, non il comunismo

Vi proponiamo un articolo di Fabio Martini, uscito su La Stampa di Lunedì 7 Marzo 2005

Dice un vecchio saggio dirigente del Pci come Emanuele Macaluso: «Bertinotti rifonda la sinistra socialista e libertaria, non il comunismo e nemmeno il Psiup. Perché non dirlo?».

In una serie di incontri, inaugurata una riflessione “politico-culturale” con Parisi

Fausto e il fascino del primo centrosinistra
«Dopo 25 anni è possibile riaprire un ciclo di riforme di struttura»

Una scena speciale. Ora che Fausto Bertinotti ha finito la sua replica, come in una convulsione collettiva in platea piangono tutti. Un commiato scintillante e commovente quella di Fausto Bertinotti, il rovescio della concettuosa relazione di apertura che conteneva però un passaggio intrigante, sfuggito ai più. Ad un certo punto Bertinotti ha detto: «Dopo 25 anni è possibile riaprire un ciclo di riforme di struttura». Bertinotti non ha detto di più, ma l’allusione era all’unica stagione nella quale si sono concentrate le riforme più incisive del dopoguerra: la nazionalizzazione dell’energia elettrica, lo Statuto dei lavoratori, la riforma sanitaria, quella della scuola media, quella (tentata) dell’urbanistica. Erano gli anni ruggenti del primo centrosinistra, quelli dell’incontro storico tra la Dc di Fanfani-Moro e il Psi di Nenni, Lombardi e Giolitti. Allora Bertinotti era un giovane affascinato dalla politica che nel 1964 decise per la prima di iscriversi ad un partito: il Psi. «E divenni subito lombardiano; militante della sinistra socialista», tanto è vero che il ventiquattrenne Fausto, anziché aderire al Psiup, restò nel Psi con il carismatico Lombardi. Ma l’aspetto inedito di questa rivisitazione, per ora accennata, al primo centrosinistra è un altro: luci e ombre di quella stagione hanno occupato una parte importante di lunghi incontri tra Fausto Bertinotti e Arturo Parisi, la “testa” politica e strategica del mondo prodiano. Tre lunghe chiacchierate informali che si sono svolte negli ultimi 6 mesi nello studio del segretario comunista, nella sede nazionale di Rifondazione in via del Policlinico a Roma.
Certo, si è parlato di tante cose. Di primarie. Del futuro governo. Delle diffidenze della Quercia. Dei “portafogli” ministeriali che potrebbero interessare ai comunisti. Ma spesso il discorso è caduto su un personaggio pieno di fascino per entrambi, Riccardo Lombardi, il rigoroso capo della sinistra socialista che volle l’ingresso del Psi al governo allo scopo di realizzare alcune grandi riforme di struttura. In quelle chiacchierate tra Bertinotti e Parisi, oltre ad alcune dissonanze, è venuta fuori una comune aspirazione: «La nostra non è una stata una rivisitazione collettiva, ma individuale, il giudizio sul primo centro-sinistra è affidato agli storici. Ma per la nostra generazione quella stagione – profondamente diversa dall’attuale – resta un riferimento prezioso, pieno di lezioni. Uno su tutti: dobbiamo recuperare il senso della speranza di quella stagione e quell’insegnamento di Riccardo Lombardi per cui non si può immaginare un programma senza un progetto».
Un concetto che recentemente – non per caso – è entrato nel lessico prodiano, che da qualche tempo ripete spesso quanto sia imprescindibile la carica trascinante ed evocatrice del «progetto». E anche Bertinotti, pur senza enfasi, non fa mistero di guardare con interesse alla stagione di quel centro-sinistra: «L’eventuale convivenza di Rifondazione comunista al governo assieme a forze molto diverse ha un precedente nel primo centro-sinistra, nel quale convivevano due forze tendenzialmente incompatibili, da un lato la Dc che pensava a difendere l’ordine costituito tipo l’Alleanza atlantica; dall’altra il partito socialista, che nella visione orginaria di quella coalizione, pensava che l’alleanza con la Dc fosse un passaggio per una trasformazione socialista della società. Non voglio difendere il centro-sinistra degli Anni Sessanta, ma quella esperienza dimostra che una convergenza tra diversi si può fare».
E un altro precedente che piace assai a Bertinotti è la decisione di Riccardo Lombardi di non entrare nel governo: «Un insegnamento», lo aveva definito qualche giorno fa. E ieri dal congresso di Rifondazione ha ribadito: «Io non entrerò nel governo per scelte personàli». Qui il parallelo storico si fa più complicato perché la decisione di Lombardi di non entrare nel primo governo di centro-sinistra, assumendo invece la direzione dell’Avanti!, fu l’incrocio tra una ritrosia e la fortissima ostilità di mezza Dc, quella che osteggiava l’apertura a sinistra. Ma quanto alla ritrosia bertinottiana di ispirazione lombardiana, Arturo Parisi scuote la testa: «Non potremmo condividere una distinzione tra chi fa i conti con la realtà e chi individua la meta e si limita a testimoniare». Dice un vecchio saggio dirigente del Pci come Emanuele Macaluso: «Bertinotti rifonda la sinistra socialista e libertaria, non il comunismo e nemmeno il Psiup. Perché non dirlo?».