Ma nel mirino dei militari c’ è il leader Nasrallah

«Hassan Nasrallah? Quest’ uomo deve morire». L’ ufficiale israeliano risponde senza esitazioni al New York Times. Che ha raccolto i dettagli e le tattiche di quella che si sta delineando come la strategia dello Stato Maggiore durante il cessate il fuoco. La fonte è anonima, ma dalla descrizione del quotidiano americano si capisce che è un comandante di alto rango («ha una conoscenza approfondita delle operazioni militari e della loro pianificazione, una lunga esperienza in Libano»).
Incontrato venerdì, poche ore prima del raid nell’ area di Baalbek, dà subito un giudizio sulla missione Onu, che potrebbe spiegare l’ attacco. «L’ impegno della comunità internazionale a tenere lontane le milizie Hezbollah dal sud del Paese e a disarmarle sembra già svuotato». Per questa ragione – dice – Israele continuerà a cercare di fermare i convogli di armi che potrebbero arrivare dalla Siria e dall’ Iran. Assicura che Nasrallah, il leader dell’ organizzazione sciita, resta un obiettivo: «C’ è una sola soluzione per lui». Il quotidiano Maariv scrive che il capo fondamentalista dovrà passare il resto dei suoi giorni in un bunker: «Se fa un passo fuori, è morto», commenta un altro ufficiale. Anche il premier Ehud Olmert ha minacciato lo sceicco sciita, nel discorso davanti al parlamento dopo l’ inizio della tregua: «Non verrà assolto. Un terrorista che attacca la sovranità dello Stato d’ Israele è un uomo segnato. E questo non ha niente a che vedere con il cessate il fuoco. Verrà trattato esattamente come Ahmed Yassin (il leader di Hamas eliminato nella primavera del 2004, ndr) e tutti gli altri». Il militare sentito dal New York Times sembra in ogni caso soddisfatto che uno degli esiti della guerra sia stato il dispiegamento di un forza multinazionale. «Noi consideriamo l’ Hezbollah come il fronte occidentale dell’ Iran. Non mi importa quanto bene le truppe internazionali faranno il loro lavoro: abbiamo ottenuto che il governo libanese prenda la responsabilità del Sud, adesso c’ è una nazione con cui parlare non un gruppo. E’ un grande cambiamento che l’ offensiva ha creato. Il Partito di Dio non è più solo un problema di Israele, il mondo capisce che stiamo aiutando a fermare l’ influenza di Teheran». Avverte: «Ma se nel lungo periodo ci accorgeremo che l’ Hezbollah si sta riarmando, il prossimo scontro si sta solo preparando. Dopotutto questo è il Medio Oriente: una guerra finisce e la prossima è già alle porte». Ron Ben-Yishai, analista militare di Yedioth Ahronoth e tenente colonnello riservista delle forze speciali, è convinto che la missione a Baalbek sia stata decisa perché i soldati occidentali stanno arrivando troppo lentamente. «Iraniani e siriani capiscono che quando i Caschi blu saranno posizionati, i confini verranno controllati. Devono riarmare i miliziani nel poco tempo che gli resta. L’ obiettivo è rifornirli soprattutto di razzi anti-carro e missili per la contraerea». L’ «operazione rifornimento» si sarebbe concentrata proprio nella zona della valle della Bekaa, sotto il controllo degli sciiti. «Gli israeliani hanno una lunga esperienza – ricorda Ben-Yishai – di nemici che si riorganizzano nei periodi di cessate il fuoco. L’ Egitto sfruttò la guerra d’ attrito che seguì quella dei Sei Giorni per piazzare batterie sovietiche anti-aeree lungo il canale di Suez, in violazione della risoluzione Onu». E prevede: «Il raid a Baalbek non sarà l’ ultimo». Debka, sito vicino all’ intelligence israeliana, offre un’ altra spiegazione per la missione del commando. I due blindati scaricati dagli elicotteri hanno puntato sul villaggio di Bodai, dove si trova il quartier generale dello sceicco Mohammed Yazbek, un comandante Hezbollah. Gli uomini delle forze speciali cercavano informazioni su Eldad Regev ed Ehud Golwasser, i due soldati rapiti il 12 luglio. Israele potrebbe tentare un’ operazione per la liberazione, prima dell’ arrivo della forza multinazionale.