Ma la Cosa Rossa non riesce a decollare. Diliberto punta i piedi su welfare e Afghanistan

Tutti, tranne Diliberto. I leader della “Cosa rossa” si vedono in un pre-vertice convocato un po’ alla spicciolata alla Camera nella sede di Rifondazione comunista prima dell’incontro serale con Prodi a Palazzo Chigi. Ma il segretario dei comunisti italiani fa sapere ai «compagni» che lui e i capigruppo del suo partito daranno forfait. Uno “strappo” maturato nelle ultime ore. «Sgradevole» ha trovato Diliberto l’isolamento in cui si è venuto a trovare chiedendo il ritiro subito «senza se e senza ma» delle truppe italiane dall’Afghanistan. Né gli è piaciuto il tam-tam sul corteo del 20 ottobre che qualcuno avrebbe voluto trasformare in un concerto di Manu Chao. E soprattutto sul welfare, il leader del Pdci ha minacciato di voltare davvero le spalle all’unità della sinistra «sentendo nell’aria» una gran voglia tra gli stessi «compagni» di fare retromarcia. I 18 “paletti” sulla Finanziaria della “Cosa rossa” — sempre che voglia restare tale, ha detto — sono «una piattaforma minimale, misuratissima: guai se qualcuno pensa di retrocedere». «Questo è un pre-vertice di cui nessuno sentiva il bisogno», ha denunciato il compagno Oliviero negandosi a una conversazione telefonica di pacificazione con il segretario di Rifondazione, Franco Giordano. La sua irritazione è soprattutto nei confronti del Prc accusato di volere dare le carte. «Il Pdci si sta autonomizzando» dalla “Cosa rossa”, minaccia Diliberto. Altrettanto è del resto il malumore di Sinistra democratica, Verdi e rifondaroli verso Diliberto. «Non ha capito che non è il momento di dividersi se vogliamo correggere la rotta della Finanziaria», è il rimprovero al segretario del Pdci. La “Cosa rossa” ha per la verità rincarato la dose contro Padoa-Schioppa e il governo: «Così non va, non c’è collegialità, le nostre richieste non sono state accolte». In particolare, sulla tassazione al 20% per cento delle rendite finanziarie la sinistra non intende retrocedere. Unanimità di Giordano, dei capigruppo Gennaro Migliore e Giovanni Russo Spena (Prc), di Titti Di Salvo Cesare Salvi (Sd), di Angelo Bonelli e Natale Ripamonti (Verdi) attorno al tavolo del prevertice.
Le fibrillazioni della ” Cosa rossa” hanno visto quindi l’ennesimo round. Ultima goccia nella decisione di Diliberto di disertare il pre-vertice è stato il “processo” contro di lui in commissione difesa al Senato da parte del centrodestra sull’Afghanistan: nessuno della sinistra si è levato a difenderlo. Fosco Giannini (sinistra Prc) s’indigna per questo. E poi, c’è il corteo del 20 ottobre. Mussi te la Sinistra democratica non andranno. «Se l’unità della sinistra comincia così, non ci siamo», aveva avvertito il leader di Sd. I Verdi dal canto loro avrebbero deciso per una posizione mediana: essere alla manifestazione-spettacolo in una piazza lungo il percorso. Un lavorio di mediazione che a Diliberto non piace. Gli organizzatori del corteo (il manifesto; Liberazione) in una conferenza stampa chiariscono: «Il corteo ci sarà, non sarà un referendum sul governo, la notizia di un concerto di Manu Chao al suo posto è sbagliata».