Ma il meccanismo delle primarie per il programma non favorisce le soggettività sociali organizzate

Il dibattito sulle primarie si focalizza su un punto: c’è veramente qualcuno che pensa che le posizioni della sinistra di alternativa siano oggi maggioranza nell’elettorato del centrosinistra? (attenzione! non voterebbe solo il “popolo della sinistra” ma del centro e della sinistra). Mi sembra la stessa posizione che si espresse nel documento preparatorio del 5° congresso, dove si sosteneva che eravamo alle soglie di una fase rivoluzionaria, non era assolutamente così, i fatti lo dimostrarono in breve tempo, ma chi obiettava veniva tacciato di essere di “destra”. Ora dire che la maggioranza degli italiani è contro la guerra è una cosa, dare per scontato che rispetto ad un ipotetico elettorato del centrosinistra sarebbe sconfitta la tesi di intervento “umanitario”, con consenso Onu, e magari con Kerry presidente anziché Bush, mi sembra avventato. E se non fosse così, noi ci renderemmo corresponsabili di una presenza militare italiana in Iraq, gestendola con nostri ministri nel governo?

Figuriamoci poi su altri temi più complessi (come quelli sociali) su cui le idee “moderate” hanno costruito egemonia nella società da 25 anni a questa parte. Gli operai francesi e tedeschi che votano per rinunciare alle 35 ore pur di “salvare” il posto di lavoro dovrebbero farci riflettere su quella che è la realtà di oggi e su quali sono gli attuali rapporti di forza culturali e sociali.

Nonostante siano intervenuti in questi ultimi anni importanti elementi di controtendenza che non dobbiamo certo sottovalutare, in particolare nel nostro paese, non sono certo ancora in grado di capovolgere i rapporti di forza anche solo rispetto alle predominanza della cultura moderata nel centrosinistra.

Il risveglio delle lotte ci dà più forza rispetto al 1996 e può permettere di avere in campo non il solo Prc ma un arco vasto di forze politiche e sociali della sinistra di alternativa. Ma proprio per questo il meccanismo delle primarie per il programma è sbagliato perché non permette di valorizzare le soggettività sociali organizzate, i movimenti appunto, in favore invece di un elettorato del centrosinistra di difficile definizione e delimitazione.

Noi oggi dovremmo costruire con le forze sociali e politiche della sinistra di alternativa un programma fondato su contenuti avanzati ed incidere quindi sulle posizioni moderate dell’Ulivo con la capacità di iniziative sociali e di lotta della sinistra di alternativa in tutte le sue articolazioni. Ma questo non si sta facendo, questo il Prc non lo sta facendo e la proposta di primarie diventa, come è diventata, alternativa a questo percorso. Non quindi una trattativa di vertice tra Prc e Ulivo che nessuno nel partito propone, e chi usa questo argomento per squalificare le altrui posizioni lo fa perché non ha argomentazioni. Non solo! La proposta è ancora peggiore perché nell’intervista al “Corriere” si afferma che se non sarà possibile consultare tutto l’elettorato del centrosinistra (operazione evidentemente irrealizzabile) allora voteranno dei “delegati”. Considerati quali sarebbero i meccanismi di selezione dei delegati (esperienze ognuno di noi ne ha di innumerevoli) i risultati sarebbero disastrosi. Saremmo prigionieri per 5 anni di una politica moderata con gravi ripercussioni sociali che finirebbe per stritolarci, ben più di quanto fu distrutto il Pcf dall’esperienza di governo in Francia.

E’ possibile (ed augurabile) per il Prc determinare le condizioni per una partecipazione ad un governo che sia alternativo alle destre (ma non è scontato), ma l’unica possibilità perché ciò si realizzi è nella costruzione di un programma comune della sinistra di alternativa.

Infine, come altri 130 compagni faccio parte del Cpn, organismo democraticamente eletto da tutti gli iscritti del nostro partito per decidere e dirigere, sono stanco di leggere le posizioni e le scelte del partito nelle interviste del segretario sui giornali, e sentire chi ha questa prassi parlare di “democrazia di massa” contrapposta ai “partiti”, e la democrazia nel partito dove sta? Negli anni ’70 si diceva «cambiare se stessi per cambiare la società», chi non pratica la democrazia nella propria “comunità”, con i propri compagni come può pretendere di essere credibile quando sostiene la “democrazia di massa” nella società?

Vladimiro Merlin